Possibile che una delle regioni più ridenti del globo debba restare allo stato di natura, covo di pochi miserabili selvaggi, quando sembra destinata dal creatore a fornire il sostentamento ad una numerosa popolazione e a divenire sede della civiltà, della scienza e della vera religione?"
Harrison, governatore della Louisiana
"Siamo stati costretti a bere l’amaro calice dell’umiliazione, trattati come cani mentre la nostra vita e la nostra libertà divenivano trastullo dell’uomo bianco; la nostra patria e le tombe dei nostri padri ci sono state strappate dallo spietato vincitore finché, scacciati, nazione dopo nazione, ci ritroviamo fuggiaschi, vagabondi e stranieri nella nostra stessa terra,..
John Ross, capo Cherokee
A differenza dei bisonti, gli indiani non scomparvero, e dopo il 1910 la popolazione indiana ricominciò ad aumentare. Gli schiavi neri liberati furono milioni, e nel territorio americano vi furono nuove ondate di emigranti provenienti dall’Europa.
Tutto ciò portò a riconsiderare il fatto che gli Stati Uniti fossero una "nazione bianca protestante", e nei cinquant’anni successivi si diffuse la consapevolezza della natura distruttrice dei tentativi di "incivilire gli indiani".
In occasione della grande guerra, Woodrow Wilson affermò i principio di autodeterminazione dei popoli, e dopo la firma dei trattati di pace, molte nazioni, già sottomesse agli imperi Austro-Ungarico e Ottomano, ottennero l’indipendenza proprio in base alla loro identità etnica.
Nasceva nel frattempo tra gli intellettuali americani una nuova sensibilità verso le differenze regionali e culturali all’interno del paese. Grazie al patriottismo dimostrato da 15.000 indiani, che avevano prestato servizio nell’esercito durante la prima guerra mondiale, il governo federale concesse la cittadinanza a tutti gli indiani.
In seguito a questo radicale riorientamento ideologico, figura di spicco dei nuovi riformatori fu quella di John Collier, il quale applicò il principio del relativismo culturale alla lotta degli indiani per conservare la propria identità culturale. Nel 1923 egli fondò la American Indian Defense Association, composta da bianchi, che aveva lo scopo di esercitare pressioni a livello legislativo per un cambiamento della linea di condotta nei confronti degli indiani d’America.
La relazione della commissione incaricata dello studio della condizione indiana (1928) risultò cosi scioccante da indurre l’opinione pubblica alla richiesta di contromisure appropriate. Cosi nel 1933 il presidente Franklin Delano Roosvelt nominò Collier commissario per gli affari indiani, e l’anno dopo il congresso approvò l’ "Indian Reorganization Act", che impresse un deciso mutamento di rotta alla politica nei confronti degli indiani.
In base alla nuova legge gli indiani venivano invitati a darsi costituzioni tribali, a riappropriarsi delle terre perdute, e a creare forme elettive di autogoverno (indipendentemente dal fatto che disponessero di un territorio proprio).
Inoltre l’ufficio per gli affari indiani avrebbe dovuto aiutare ciascuna tribù ad acquisire un rinnovato orgoglio culturale per la propria storia, i propri costumi e la propria religione, avrebbe dovuto assicurare la piena libertà religiosa, e lavorare insieme ai consigli della tribù per l’emancipazione sociale e culturale delle genti indiane, considerate come unità tribali. L’assistenza sanitaria venne migliorata a spese dell’erario federale, e furono stanziati fondi per aiutare la nazioni indiane a metter a frutto le risorse di cui disponevano. La politica della detribalizzazione venne cosi definitivamente abbandonata, e il sistema della americanizzazione fu abolito.
Tre leggi per simulare la completa libertà
Collier rimase in carica fino al 1947, e il suo programma fu strenuamente avversato da quella parte di opinione pubblica bianca che lo accusava di "coccolare gli indiani", sostenendo che il governo avrebbe dovuto abolire del tutto il sistema delle riserve. Egli venne convocato dinanzi al comitato per le Attività Antiamericane ed accusato di ateismo, comunismo e sedizione a causa delle sue concessioni eterodosse sui diritti degli indiani.
Dopo il 1952 il presidente Dwight Eisenhower e il senatore Artur Watkins, presidente del comitato per gli affari indiani, decisero di abbandonare la linea indicata da Collier per seguirne una volta a dare agli indiani "completa libertà".
Ma in realtà le tre leggi intese a realizzare questa nuova politica segnarono un ritorno alla detribalizzazione, oltre alla rinuncia del governo ad ogni responsabilità giuridica o morale per la protezione degli indiani.
La prima legge, il "Voluntary relocation Program" approvato nel 1952, forniva incentivi agli indiani disposti ad abbandonare le riserve per cercare lavoro in determinate aree urbane. Lo scopo era quello di eliminare dalle riserve la popolazione indiana eccedente. Ai volontari, il governo offriva un addestramento professionale, un alloggio ed un aiuto nella ricerca del primo lavoro: dopodiché l’indiano era lasciato a se stesso.
L’addestramento si dimostrò adeguato solo per i lavori più umili e peggio pagati. Molto indiani si ridussero a fare la vita dei barboni, troppo umiliati dal fallimento per ripresentarsi alle famiglie originarie. Dei 35.000 indiani che si offrirono volontari, solo il 30 per cento fece ritorno alle riserve, mentre molti fra quelli rimasti in città dovettero ricorrere all’assistenza sociale.
La seconda legge consentiva agli stati di assumere la giurisdizione civile e penale sulle riserve, dando un colpo di spugna alla polizia indiana, ai tribunali locali e al sistema giuridico tribale voluti da Collier.
La terza legge, la "Termination Policy" dichiarava infine che le tribù indiane avrebbero dovuto svincolarsi il prima possibile dalla supervisione e dal controllo federale. Le tribù vennero spesso costrette con la forza o l’intimidazione ad assumersi ogni responsabilità nella gestione del servizio sanitario, delle scuole, e delle attività imprenditoriali. Furono abolite le restrizioni che impedivano ai bianchi di impadronirsi delle terre delle risorse minerarie.Questa politica godeva naturalmente del sostegno delle grandi imprese (soprattutto petrolifere e del legname) che già da tempo avevano messo gli occhi sulle risorse ancora controllate dagli indiani.In seguito alla nuova politica terre e risorse di grande valore caddero presto in mano alle banche e alle imprese dei bianchi. Molte tribù, prive di qualsiasi esperienza, si ritrovarono vittime della speculazione dei bianchi.La Termination Policy venne sospesa solo con la presidenza di John F. Kennedy, e sotto l’amministrazione Johnson, nell’ambito del programma "guerra alla povertà".Gli studi statistici effettuati sulla popolazione indiana, a partire dagli anni settanta, hanno rilevato il maggior tasso di disoccupazione, il minor livello di istruzione, i più gravi problemi sanitari, il più elevato tasso di mortalità infantile, i più gravi problemi di alcolismo, e il minor reddito annuale per famiglia di qualsiasi altro gruppo etnico degli Stati Uniti.Eppure a suo tempo Walter Nickel, ministro degli interni di Nixon, sostenne che gli indiani erano "iperprotetti", e avrebbero dovuto fare maggiore affidamento sulle proprie forze.
Nel 1977 un gruppo di militanti indiani, membri della American Indian Movement, presentò alla conferenza internazionale dei diritti umani di Ginevra un memoriale di protesta in cui si chiedeva alle Nazioni Unite di indagare sulla distruzione della cultura indiana e sulla violazione dei diritti degli indiani americani, e di riconoscere ufficialmente le nazioni indiane dell’America del nord.
Durante l’amministrazione Carter e negli anni successivi, molte tribù indiane si sono rivolte ai tribunali per ottenere il riconoscimento della propria personalità giuridica, e la restituzione delle terre loro sottratte con la frode.
Le tribù dei Taos, degli Yachima e dei Narragansett hanno cosi ottenuto per via legale la restituzione di parte dei loro territori, e molte altre cause sono oggi pendenti presso i tribunali.
Oggi
Attualmente ci sono circa un milione di indiani canadesi e due milioni di nativi americani. Nonostante le terribili sofferenze, sono riusciti a conservare buona parte della propria cultura, in particolar modo dove hanno ancora accesso alla loro terra.
Ci sono indiani in ogni stato degli Usa e in ogni provincia canadese. Circa la metà dei nativi non vive nelle riserve ma in città. La notevole tenacia della identità indiana la si può constatare in popoli come i Mashantucket Pequot del Connecticut che, sebbene quasi completamente sterminati durante la guerra Pequot del 1636-37, riuscirono a sopravvivere nascondendosi, e oggi sono ancora una volta un popolo prospero.
Gli indiani continuano oggi a subire razzismo e persecuzioni. Le condizioni di vita delle riserve sono terribili. Negli USA, gli indiani d'America sono otto volte più soggetti a contrarre la tubercolosi dei cittadini americani, e il 37% di tutti gli indiani muore prima dei 45 anni. In Canada, la percentuale dei suicidi è tre volte maggiore della media nazionale, mentre la mortalità indiana infantile é superiore del 60% a quella dell'intera popolazione del paese.
Il furto delle risorse indiane non è limitato nel passato. In tutto il continente gli indiani vengono ancora oggi privati delle loro terre, delle loro foreste, dei minerali e persino delle sorgenti d'acqua.