giovedì 21 dicembre 2006

AFFINITA' LUPO - NATIVI

Non c'è da sorprendersi se l'indiano vede il lupo come un animale significativo.
Entrambi sono cacciatori e la loro sopravvivvenza dipende dalla caccia.
Il lupo caccia per se e per la sua famiglia, difende il suo territorio dagli altri lupi, come l'indiano lo difende dalle tribù nemiche.
Entrambi sono obbligati ad essere individui forti, non sono nemici in competizione ma creature di uguale importanza nel disegno del Grande Spirito.
Il lupo è rispettato per la sua pazienza e perseveranza, armi da caccia importanti.
"Aver combattuto come un lupo" è un grande elogio ad un compagno.
Il lupo si muove silenziosamente e senza alcun sforzo, ma con uno scopo. Attento ai più piccoli mutamenti di ogni genere che lo circondano. Può vedere lontano e ha un udito sensibilissimo.
Quando un indiano entra nel territorio nemico vuole muoversi esattamente come un lupo e aver la sua percezione.
Per l'Indiano il lupo è un animale potente e misterioso, la maggior parte delle tribù lo crede un animale della medicina e la vita che svolge è di esempio alla famiglia:fornisce l'alimento per tutti, compresi i membri anziani e ammalati. Assiste la nascita e la crescita dei bambini. Difende il suo territorio da altri lupi.
Quindi è un totem e uno spirito guida ideale vista anche la sua capacità di rintracciare le prede e di resistere a lungo senza cibo.
Gli indiani come i branchi del Nord America e Canada sono nomadi perchè seguono i movimenti dei grossi erbivori e come i lupi si dividono e si uniscono in determinanti periodi dell'anno.
Gli erbivori si posizionavano nei territori di confine tra branchi e tribù diverse, dove la possibilità di essere cacciati era minore.
Per l'indiano la morte non era un evento tragico,l 'importante per lui è "morire bene", con dignità e coraggio. Questo regala al guerriero la gloria più grande;proprio come il lupo che affronta la sua preda, avviene una "conversazione di morte" dove c'è un accordo spirituale tra vittima e carnefice.

Come fa il lupo, gli indiani Cree dell'Alberta attiravano i bisonti sul ghiaccio dove potevano esser facilmente uccisi. Gli indiani e i lupi del Pueblos in Arizona cacciavano i cervi facendoli correre sino a sfinirli. Gli indiani Shoshoni nelle praterie, si coprivono con pelle di lupo e attiravano e uccidevano le evasive e curiose antilopi facendo fluttuare una striscia di pelame a modi coda.
Un Sioux chiamato Ghost Head, in occasione delle battaglie, portava una pelle di lupo legata stretta in vita. La sera accendeva un piccolo fuoco, affumicava la pelle con una specie di ierocloe e cercava di allinearsi con lo spirito lupino in essa rappresentato, chiedendo che la presenza dei nemici gli fosse rivelata dai lupi (veri) presenti, considerati i suoi aiutanti.
Alcuni guerrieri Chayenne nel cui nome era presente il lupo diedero prove di straordinario coraggio in battaglia. Uno di essi era , ricordato per una battaglia avvenuta a Beecher's Island, in Colorado, il 17 settembre 1868. Cinquantatre soldati e scout civili furono trincerati nel letto asciutto di un fiume, tutti armati del nuovo fucile Spencer e del nuovo revolver dell'esercito Colt. Il primo assalto indiano fu respinto con una scarica di fuoco fulminante. La seconda carica, guidata da Wolf Belly, fu anch'essa rintuzzata, ma l'indiano andò a finire completamente oltre le trincee nemiche e, in scherno ai bianchi, le attraversò più e più volte. I bianchi pensarono che fosse pazzo. Non lo colpì nemmeno una pallottola.
Un altro sciamano Chayenne, Wolf Man, fu ritenuto a prova di proiettile dopo una battaglia sul fiume Powder nel Wyoming, nel 1865 quando, colpito da due pallottole, se le scrollò semplicemente di dosso.
Per finire vi ricordo Piccolo lupo(vedi articolo "strage di Fort Robinson").

mercoledì 20 dicembre 2006

Leonard Peltier Trent'anni di carcere e la lotta continua

Ecco passato un altro anno. E' arrivato un altro compleanno: adesso ho 62 anni. E sono da oltre trent'anni in carcere. Credo di aver scritto per la prima volta che la mia liberazione sarebbe arrivata soltanto dopo un movimento di massa, quando venni ingiustamente arrestato e condannato a Fargo, in Nord Dakota. Scrissi anche che prima avremmo dovuto unirci ed organizzarci. Fino ad ora non siamo stati in grado di farlo. Sì, abbiamo raggiunto milioni di persone che hanno firmato le petizioni predisposte ed inviate in tutto il mondo per chiedere il mio rilascio. La maggior parte delle persone che si sono adoperate per tutto questo sono europee, e' vero, ma si sono mossi anche dei cittadini di questo Paese, degli americani. Una volta addirittura cinquantacinque membri del Congresso sottoscrissero una lettera nella quale si chiedeva che mi venisse concesso un nuovo processo o che io fossi scarcerato. Cinquantacinque membri del Congresso. Un evento storico. Nessun altro prigioniero nella storia e' mai riuscito ad arrivare a tanto. Ne' si erano mai raggiunti prima, per casi individuali, risultati simili negli Stati Uniti d'America.Ma nonostante cio', io sono ancora in carcere. Non perche' io sia colpevole del crimine per il quale sono stato illegalmente rinchiuso, bensì perche' ancora non sono riuscito a raggiungere le masse qui in America. E non e' che i cittadini americani se ne freghino o non abbiano alcuna intenzione di aiutarmi, il fatto e' che non siamo ancora stati in grado di giungere a loro. Personalmente credo che alla maggior parte di loro importi qualcosa. Lo capisco da come si comportano quei pochi a cui siamo riusciti ad arrivare. Ci stiamo muovendo molto lentamente in questa campagna per la mia liberazione. Una ragione e' la mancanza di risorse economiche che ci impedisce di procedere velocemente quanto vorremmo. E credo che questa sia, in fondo, la vera motivazione dell'insuccesso qui negli Stati Uniti d'America. Tutto si paga in America, anche la giustizia e i mezzi d'informazione. Quindi, nonostante ancora non si riesca a vedere alcuna luce alla fine del tunnel, ne' tantomeno la mia liberta', dobbiamo continuare a lottare. Io continuero' a cercare la forza che mi serve per continuare a sperare, che e' cio' che mi tiene in vita.Continuo a pregare e spero che un giorno riusciro' ad avere tutto l'appoggio di cui ho bisogno da parte dei cittadini americani per poter uscire di qui. Le mie speranze ed il mio umore sono alti, nonostante i miei 62 anni. Continuo la lotta.Emergono sempre nuove prove che ci danno la possibilita' di presentare appelli. Chi di voi conosce il mio caso, sono certo che si domandera' come mai tutto questo sia possibile, considerando le innumerevoli violazioni costituzionali che gia' si sono verificate. Beh, i problemi vecchi sono sempre la'. I tribunali continuano a coprire gli atti criminali commessi da chi ha fatto in modo che io finissi qui.C'e' bisogno di aiuto. Inviate una donazione, cio' che potete, a FreedomWalk.http://www.freedomwalk.com/Nello spirito di Cavallo Pazzo,Leonard Peltier Per ulteriori informazioni si veda il sito http://www.leonardpeltier.net/ Fonte : CounterPunchhttp://www.counterpunch.org/peltier09132006.html

Filmografia:Cuore di Tuono di Michael Apted

RESISTENZA di 500 anni

Tra il 1973 ed il 1976, nella riserva di Pine Ridge vi furono più di trecento morti tra gli Oglala, tutti per morte violenta ed in circostanze alquanto inspiegabili. Vi regnava un clima di terrore e di violenza da parte della polizia e dei Goons , i killer del sanguemisto Dick Wilson, capo tribale del Bureau for Indian Affairs (BIA). Gli scontri furono duri e per l’ennesima volta alla base di tutto questo vi era l’ambizione, il potere, e la sete di denaro.
Nella riserva infatti venne trovato un giacimento di petrolio e di uranio. Wilson si mise dalla parte del governo ed il denaro destinato ai Nativi residenti venne utilizzato da lui per le sue losche imprese.
Circa settanta di questi indiani uccisi misteriosamente erano membri dell’AIM (Movimento degli Indiani Americani).
Nel 1966 si forma in California il gruppo di autodifesa della popolazione nera denominato Black Panters e sulla scia di questo nasce nel 1968 a Minneapolis l'AIM.
L’Associazione si opponeva alla politica discriminatoria e repressiva di Eisenhower che aveva costretto i nativi ad abbandonare le riserve, mandandoli a vivere nelle città per una vita di coattivo inserimento con i bianchi; politica che portò il diffondersi della disoccupazione, della miseria e dell’alcolismo.
L’attività concreta dell'AIM consisteva nell’ assistere legittimamente tutti gli indiani che erano oggetto di persecuzione da parte della legge americana, diventando il sostegno della rinascita dei valori sia spirituali che culturali degli Indiani d’America, e consentendo il ritorno alle riserve ed alla vita libera di un tempo.
Leonard Peltier era molto giovane, non si dava pace poiché dentro di lui sentiva che venivano commesse molte ingiustizie verso i Nativi. Iniziò così ad avere i primi contatti con il Movimento, ed insieme a Russel Means e Dannis Banks, divenne uno dei più accesi sostenitori.Tutti coloro che gli parlavano e gli stavano vicino sentivano che c’era in lui un qualcosa di particolare.
Iniziarono allora a definirlo un leader.
Ormai il destino dell’AIM era in lui…
Nel 1975, Leonard, insieme ad altri membri dell’AIM erano a Pine Ridge per tutelare gli abitanti dalle angherie commesse da Wilson e i suoi scagnozzi.
Nel giugno di quell’anno, con il pretesto di inseguire un indiano accusato di aver commesso un furto di un paio di stivali , due agenti dell’FBI entrarono nella proprietà di un indiano chiamato Jumping Bull.
Nell’inseguimento si creò molta confusione, ne nacque una sparatoria e i corpi di un indiano e dei due agenti rimasero a terra.
L’ FBI insieme alla polizia locale scatenarono una vera e propria caccia all’uomo con più di trecento agenti. I ricercati erano un piccolo gruppo di indiani. Fu aperta un inchiesta per cercare i colpevoli e ricostruire gli avvenimenti, alla fine furono accusati Leonard e altri due nativi. Leonard nel frattempo si rifugiò in Canada chiedendo asilo politico.
L’FBI riuscì ad ottenere l’estradizione di Leonard facendo testimoniare con molti dubbi un indiana alcolizzata, (minacciandola più volte) e per giunta sofferente di turbe mentali. Nel primo processo svoltosi a Cedar Rapids, gli altre due indiani accusati insieme a Leonard furono scagionati, in quanto i loro avvocati riuscirono a dimostrare che per loro fu legittima difesa .
Il secondo processo si tenne a Fargo, Nord Dakota, con una giuria diversa Leonard fu condannato a ben due ergastoli consecutivi .
Dopo cinque anni, accurati esami balistici riuscirono a provare che i proiettili che uccisero i due agenti non appartenevano all’arma di Leonard, e molti dei testimoni che lo accusarono ritirarono le loro dichiarazioni, confessando di essere stati minacciati dall’FBI.
Nonostante questo Peltier rimase in prigione.
Nel 1994 Leonard fu giudicato dalla commissione per la libertà condizionale, e quest’ultima emanò una sentenza: dovevano passare ancora quindici anni per poter presentare domanda per questa richiesta.
Il caso di Peltier iniziò a far scalpore.
Negli ultimi anni c’è stato un interessamento anche da parte di personaggi della chiesa , della politica e dello spettacolo, dichiarando la loro solidarietà.
Anche qui in Italia sono sorte delle associazioni per il suo sostegno, e la stessa Amnesty International si è battuta più volte, nonostante questo non è cambiato nulla.


Filmografia:CUORE DI TUONO

lunedì 18 dicembre 2006

Dopo Wounded Knee sino ad oggi

Possibile che una delle regioni più ridenti del globo debba restare allo stato di natura, covo di pochi miserabili selvaggi, quando sembra destinata dal creatore a fornire il sostentamento ad una numerosa popolazione e a divenire sede della civiltà, della scienza e della vera religione?"
Harrison, governatore della Louisiana


"Siamo stati costretti a bere l’amaro calice dell’umiliazione, trattati come cani mentre la nostra vita e la nostra libertà divenivano trastullo dell’uomo bianco; la nostra patria e le tombe dei nostri padri ci sono state strappate dallo spietato vincitore finché, scacciati, nazione dopo nazione, ci ritroviamo fuggiaschi, vagabondi e stranieri nella nostra stessa terra,..
John Ross, capo Cherokee


A differenza dei bisonti, gli indiani non scomparvero, e dopo il 1910 la popolazione indiana ricominciò ad aumentare. Gli schiavi neri liberati furono milioni, e nel territorio americano vi furono nuove ondate di emigranti provenienti dall’Europa.
Tutto ciò portò a riconsiderare il fatto che gli Stati Uniti fossero una "nazione bianca protestante", e nei cinquant’anni successivi si diffuse la consapevolezza della natura distruttrice dei tentativi di "incivilire gli indiani".
In occasione della grande guerra, Woodrow Wilson affermò i principio di autodeterminazione dei popoli, e dopo la firma dei trattati di pace, molte nazioni, già sottomesse agli imperi Austro-Ungarico e Ottomano, ottennero l’indipendenza proprio in base alla loro identità etnica.
Nasceva nel frattempo tra gli intellettuali americani una nuova sensibilità verso le differenze regionali e culturali all’interno del paese. Grazie al patriottismo dimostrato da 15.000 indiani, che avevano prestato servizio nell’esercito durante la prima guerra mondiale, il governo federale concesse la cittadinanza a tutti gli indiani.
In seguito a questo radicale riorientamento ideologico, figura di spicco dei nuovi riformatori fu quella di John Collier, il quale applicò il principio del relativismo culturale alla lotta degli indiani per conservare la propria identità culturale. Nel 1923 egli fondò la American Indian Defense Association, composta da bianchi, che aveva lo scopo di esercitare pressioni a livello legislativo per un cambiamento della linea di condotta nei confronti degli indiani d’America.
La relazione della commissione incaricata dello studio della condizione indiana (1928) risultò cosi scioccante da indurre l’opinione pubblica alla richiesta di contromisure appropriate. Cosi nel 1933 il presidente Franklin Delano Roosvelt nominò Collier commissario per gli affari indiani, e l’anno dopo il congresso approvò l’ "Indian Reorganization Act", che impresse un deciso mutamento di rotta alla politica nei confronti degli indiani.
In base alla nuova legge gli indiani venivano invitati a darsi costituzioni tribali, a riappropriarsi delle terre perdute, e a creare forme elettive di autogoverno (indipendentemente dal fatto che disponessero di un territorio proprio).
Inoltre l’ufficio per gli affari indiani avrebbe dovuto aiutare ciascuna tribù ad acquisire un rinnovato orgoglio culturale per la propria storia, i propri costumi e la propria religione, avrebbe dovuto assicurare la piena libertà religiosa, e lavorare insieme ai consigli della tribù per l’emancipazione sociale e culturale delle genti indiane, considerate come unità tribali. L’assistenza sanitaria venne migliorata a spese dell’erario federale, e furono stanziati fondi per aiutare la nazioni indiane a metter a frutto le risorse di cui disponevano. La politica della detribalizzazione venne cosi definitivamente abbandonata, e il sistema della americanizzazione fu abolito.

Tre leggi per simulare la completa libertà
Collier rimase in carica fino al 1947, e il suo programma fu strenuamente avversato da quella parte di opinione pubblica bianca che lo accusava di "coccolare gli indiani", sostenendo che il governo avrebbe dovuto abolire del tutto il sistema delle riserve. Egli venne convocato dinanzi al comitato per le Attività Antiamericane ed accusato di ateismo, comunismo e sedizione a causa delle sue concessioni eterodosse sui diritti degli indiani.
Dopo il 1952 il presidente Dwight Eisenhower e il senatore Artur Watkins, presidente del comitato per gli affari indiani, decisero di abbandonare la linea indicata da Collier per seguirne una volta a dare agli indiani "completa libertà".
Ma in realtà le tre leggi intese a realizzare questa nuova politica segnarono un ritorno alla detribalizzazione, oltre alla rinuncia del governo ad ogni responsabilità giuridica o morale per la protezione degli indiani.
La prima legge, il "Voluntary relocation Program" approvato nel 1952, forniva incentivi agli indiani disposti ad abbandonare le riserve per cercare lavoro in determinate aree urbane. Lo scopo era quello di eliminare dalle riserve la popolazione indiana eccedente. Ai volontari, il governo offriva un addestramento professionale, un alloggio ed un aiuto nella ricerca del primo lavoro: dopodiché l’indiano era lasciato a se stesso.
L’addestramento si dimostrò adeguato solo per i lavori più umili e peggio pagati. Molto indiani si ridussero a fare la vita dei barboni, troppo umiliati dal fallimento per ripresentarsi alle famiglie originarie. Dei 35.000 indiani che si offrirono volontari, solo il 30 per cento fece ritorno alle riserve, mentre molti fra quelli rimasti in città dovettero ricorrere all’assistenza sociale.
La seconda legge consentiva agli stati di assumere la giurisdizione civile e penale sulle riserve, dando un colpo di spugna alla polizia indiana, ai tribunali locali e al sistema giuridico tribale voluti da Collier.
La terza legge, la "Termination Policy" dichiarava infine che le tribù indiane avrebbero dovuto svincolarsi il prima possibile dalla supervisione e dal controllo federale. Le tribù vennero spesso costrette con la forza o l’intimidazione ad assumersi ogni responsabilità nella gestione del servizio sanitario, delle scuole, e delle attività imprenditoriali. Furono abolite le restrizioni che impedivano ai bianchi di impadronirsi delle terre delle risorse minerarie.Questa politica godeva naturalmente del sostegno delle grandi imprese (soprattutto petrolifere e del legname) che già da tempo avevano messo gli occhi sulle risorse ancora controllate dagli indiani.In seguito alla nuova politica terre e risorse di grande valore caddero presto in mano alle banche e alle imprese dei bianchi. Molte tribù, prive di qualsiasi esperienza, si ritrovarono vittime della speculazione dei bianchi.La Termination Policy venne sospesa solo con la presidenza di John F. Kennedy, e sotto l’amministrazione Johnson, nell’ambito del programma "guerra alla povertà".Gli studi statistici effettuati sulla popolazione indiana, a partire dagli anni settanta, hanno rilevato il maggior tasso di disoccupazione, il minor livello di istruzione, i più gravi problemi sanitari, il più elevato tasso di mortalità infantile, i più gravi problemi di alcolismo, e il minor reddito annuale per famiglia di qualsiasi altro gruppo etnico degli Stati Uniti.Eppure a suo tempo Walter Nickel, ministro degli interni di Nixon, sostenne che gli indiani erano "iperprotetti", e avrebbero dovuto fare maggiore affidamento sulle proprie forze.
Nel 1977 un gruppo di militanti indiani, membri della American Indian Movement, presentò alla conferenza internazionale dei diritti umani di Ginevra un memoriale di protesta in cui si chiedeva alle Nazioni Unite di indagare sulla distruzione della cultura indiana e sulla violazione dei diritti degli indiani americani, e di riconoscere ufficialmente le nazioni indiane dell’America del nord.
Durante l’amministrazione Carter e negli anni successivi, molte tribù indiane si sono rivolte ai tribunali per ottenere il riconoscimento della propria personalità giuridica, e la restituzione delle terre loro sottratte con la frode.
Le tribù dei Taos, degli Yachima e dei Narragansett hanno cosi ottenuto per via legale la restituzione di parte dei loro territori, e molte altre cause sono oggi pendenti presso i tribunali.


Oggi
Attualmente ci sono circa un milione di indiani canadesi e due milioni di nativi americani. Nonostante le terribili sofferenze, sono riusciti a conservare buona parte della propria cultura, in particolar modo dove hanno ancora accesso alla loro terra.
Ci sono indiani in ogni stato degli Usa e in ogni provincia canadese. Circa la metà dei nativi non vive nelle riserve ma in città. La notevole tenacia della identità indiana la si può constatare in popoli come i Mashantucket Pequot del Connecticut che, sebbene quasi completamente sterminati durante la guerra Pequot del 1636-37, riuscirono a sopravvivere nascondendosi, e oggi sono ancora una volta un popolo prospero.
Gli indiani continuano oggi a subire razzismo e persecuzioni. Le condizioni di vita delle riserve sono terribili. Negli USA, gli indiani d'America sono otto volte più soggetti a contrarre la tubercolosi dei cittadini americani, e il 37% di tutti gli indiani muore prima dei 45 anni. In Canada, la percentuale dei suicidi è tre volte maggiore della media nazionale, mentre la mortalità indiana infantile é superiore del 60% a quella dell'intera popolazione del paese.
Il furto delle risorse indiane non è limitato nel passato. In tutto il continente gli indiani vengono ancora oggi privati delle loro terre, delle loro foreste, dei minerali e persino delle sorgenti d'acqua.

sabato 16 dicembre 2006

IL MASSACRO DI WOUNDED KNEE

Il Massacro di Wounded Knee è il nome con cui è passato alla storia un eccidio di Sioux da parte dell'esercito degli Stati Uniti d'America commesso il 29 dicembre 1890.
Il 29 dicembre 1890 alcune centinaia di Sioux Teton, seguaci del predicatore
Wovoca e praticanti la danza degli spiriti (Ghost Dance) fuggirono dalla riserva di Pine Ridge (South Dakota) per raccogliersi intorno al moribondo capo Big Foot.
Essi credevano che ballando la Ghost Dance fossero stati immuni dai proiettili dei bianchi e che, presto sarebbero tornati i tempi del
bisonte.
Circondati dalle truppe del settimo reggimento cavalleggeri armato con le mitragliatrici
Hotchkiss, che intendeva riportarli indietro, si arresero, ma, a causa di uno sparo, l'esercito aprì il fuoco sull'accampamento. Durante la primavera successiva, quando le condizioni climatiche permisero all'esercito di tornare sul luogo a seppellire i morti, (se ne contarono 144, di cui 44 donne e 16 bambini) in una fossa comune su cui venne poi eretto un monumento ad eterna memoria.
Alcuni indiani furono portati via il giorno dopo, pietrificati, ed ammassati in una chiesetta ove (per gli addobbi natalizi) si poteva leggere la scritta: Pace agli uomini di buona volontà.
A Wounded Knee, sul cartello verde dove si puo' leggere la storia del Massacro, legge la scritta Massacre of Wounded Knee. Guardando attentamente si nota che la scritta Massacre e' stata aggiunta sopra la vecchia scritta Battle in quanto all'inizio a questa strage venne dato il nome di Battaglia di Wounded Knee e, spesso, viene riportata come l'ultimo scontro armato tra Nativi e Governo anche se in realtà non è così.

DANZA DEGLI SPIRITI

Con la sconfitta delle ultime tribù indiane libere il governo americano cominciò a confinare gran parte degli indiani dentro le riserve, terre molto povere che costituivano gli scarti di ciò che i bianchi volevano tenere per loro. Le razioni, peraltro promesse dai trattati, non arrivavano quasi mai e quelle che arrivavano erano di una qualità pessima e spesso venivano rubate dagli agenti indiani, nella maggior parte uomini corrotti che cercavano di far fortuna sulla pelle dei nativi. Per ovviare questo grave problema il presidente degli U.S.A Grant, fautore della politica di pacificazione, aveva affidato la gestione delle riserve a dei funzionari quaccheri che avevano anche l'obbiettivo di convertire gli indiani al cristianesimo. La vita degli indiani delle riserva continuava tuttavia ad essere caratterizzata da un'alta mortalità, dall'ozio e dalla tristezza per la perdita della libertà.
Questa situazione di disperazione e nostalgia creò un terreno molto fertile per la diffusione della "Danza degli Spettri" (specie tra le tribù delle pianure), vista come un ultimo tentativo di contrastare la civiltà e la religione dell'uomo bianco tramite il rifiuto dei suoi "simboli principali": armi, tecnologia e alcool.
Della Ghost Dance esistono due fasi:
La prima diffusasi in zone del Nevada, dell'Oregon e della California attorno al 1870 sulla scia di un profeta Paiute di nome Tavibo che andava predicando l'imminente scomparsa dell'uomo bianco e il ritorno degli indiani morti che avrebbero portato con loro il ritorno dei tempi antichi. I seguaci di questa profezia dovevano danzare in cerchio, intondando canzoni religiose.
Per la seconda che è sicuramente la più conosciuta dobbiamo soffermarci un attimo sulla figura di Wovoka, conosciuto dai suoi seguaci come il Messia, fautore e diffusore di questo movimento. Wovoka rimasto orfano molto giovane fu affidato alle cure di una famiglia americana i Wilson (da cui poi trasse il nome di Jack Wilson), che gli insegnarono l'inglese e lo avvicinarono alla cultura cristiana, ma a 30 anni egli cominciò a dimostrare una certa inclinazione per la "Danza degli Spettri" di Tavibo.

Durante un'eclissi di sole e mentre stava soffrendo di un'alta febbre Wovoka ricevette una visione che coniugava le idee di Tavibo con dei precetti cristiani. A degli indiani che nel 1890 si erano radunati per ascoltarlo egli disse che Dio fece la terra e poi mandò il Cristo per insegnare al popolo, ma gli uomini bianchi non lo ascoltarono crocifiggendolo. Ora Cristo era tornato sulla terra come un indiano per migliorare ogni cosa. Nella primavera seguente, quando l'erba sarebbe stata alta, ci sarebbe stato un enorme diluvio in seguito al quale, il mondo sarebbe stato ricoperto di un nuovo suolo che avrebbe sepellito tutti gli uomini bianchi portando molta erba, acqua, alberi, bisonti e cavalli. Gli indiani che avrebbero seguito i precetti del Messia sarebbero stati sollevati in aria dagli uccelli di tuono durante l'inondazione, e poi sarebbero tornati sulla terra assieme ai loro antenati; quelli che invece non avrebbero creduto sarebbero diventati piccolissimi e alcuni sarebbero diventati di legno e sarebbero stati gettati nel fuoco.
Esaminando le "regole" impartite da Wovoka si può chiaramente vedere l'unione di cultura nativa e cultura cristiana: accanto a temi tradizionali indiani quali la danza, troviamo la resurrezione dei morti e l'obbligo di vivere in pace, temi tipicamente cristiani dato che da tempo immemorabile la guerra era stata per i nativi americani un elemento fondamentale nella vita della tribù in quanto con essa i guerrieri potevano dimostrare il loro valore. Ed qui di seguito i "comandamenti" della Ghost Dance.

Ogni tribù aggiunse al culto originale dei costumi specifici che riflettevano una sorta di individualità: ad esempio le nazioni delle pianure adottarono l'ipnosi e le "camicie degli spettri" che rendavano i danzatori immuni dai proiettili.
La grande diffusione della nuova dottrina specie tra le tribù delle pianure (Sioux, Cheyenne, Arapaho) era dovuta anche al fatto che la Danza del Sole, un rito estremamente importante, era stata vietata dalle autorità americane, e i nativi vedevano nella Danza degli Spettri un suo "surrogato".
Pur essendo un movimento pacifico, i comportamenti dei pellirosse allarmarono gli agenti indiani e l'esercito. Nelle riserve nessuno lavorava più, tutti danzavano, ed inoltre il fatto che Toro Seduto avesse accettato la Ghost Dance (non tanto perchè ci credeva ma quanto per dare al suo popolo una speranza e un'occupazione), oltre che ad aumentare il numero dei danzatori, lo pose in cima alla lista nera dei bianchi che tentando di arrestarlo lo uccisero, la gente del capo hunkapapa decise di fuggire verso un accampamento in cui si prativa la Ghost Dance: alcuni optarono per la banda di Piede Grosso altri si diressero verso la riserva di Pine Ridge. Il seguito tutti lo conoscono, per i bianchi si tratta della Battaglia di Wouded Knee, per gli indiani si tratta del Massacro di Wounded Knee ove la banda di Piede Grosso, costituita per lo più da donne e bambini fu praticamente sterminata.
Wounded Knee segnò la fine della Danza degli Spettri anche se essa continuò ad essere praticata presso alcune tribù meridionali, le speranze native tuttavia si chiusero con quel massacro ove le camicie degli spettri indossate dai danzatori non funzionarono.
Alcuni concetti di Wovoka furono adottati dal culto del Peyote e sono praticati ancora oggi. Un culto simile alla Danza degli Spettri iniziò nel 1973 ad opera di Leonard Crow Dog, anch'esso fondato sulla danza ma anche sulla pipa della pace e sul tabacco, tale movimento ha lo scopo di collegare i danzatori con i loro antenati in modo tale da mantere la loro cultura sempre viva.

mercoledì 13 dicembre 2006

Strage di Fort Robinson

Dopo la resa della primavera del 1877, le bande Cheyenne di Coltello Spuntato e di Piccolo Lupo, furono inviate in esilio nel Territorio Indiano, presso le agenzie di Darlington e Fort Reno.
Le durissime condizioni di vita della riserva, però, decimarono gli Cheyenne e in pochi mesi su circa 1000 Cheyenne i due terzi si ammalarono, prevalentemente di malaria e morbillo e 41 di essi morirono. I medici bianchi della riserva non poterono aiutarli, perché mancavano completamente di medicinali. Verso la tarda estate del 1878 Piccolo Lupo si recò dall’agente indiano e gli disse che il suo popolo non poteva vivere in quell’ambiente malsano, e in più soffrendo la fame, senza viveri e senza selvaggina. Volevano ritornare a nord.
L’agente, come risposta mandò a chiamare i soldati e Piccolo Lupo e Coltello Spuntato, ormai decisi a partire, radunate circa 300 persone tra guerrieri, donne e bambini dettero inizio alla fuga verso il Montana, vanamente inseguiti dalla cavalleria. Viaggiarono celermente, nascondendosi con abilità nei territori già fittamente popolati, con gli esploratori avanti e i Dog Soldier ai fianchi e dietro la colonna. Attraversarono fiumi, montagne e ferrovie, cercando di tenersi lontano da villaggi e città dei bianchi.
Furono inseguiti da circa 10.000 soldati e 3.000 volontari civili che volevano partecipare all’ultima grande caccia all’indiano, Si scontrarono quattro volte con le truppe, ma riuscirono sempre a sganciarsi senza quasi subire perdite. Sul fiume Arkansas, intercettarono una comitiva di cacciatori che avevano appena ucciso delle femmine di bisonte. Li lasciarono andare dopo aver preso fucili e munizioni. Non ebbero mai intenzioni ostili verso bianchi, ma volevano solo tornare a casa. Finalmente, dopo sei settimane raggiunsero il Platte e il gruppo si divise in due bande. Una con Piccolo Lupo proseguì verso nord, diretto al Powder. Coltello Spuntato, invece, preferì dirigersi verso l’agenzia di Nuvola Rossa, per chiedere al vecchio alleato aiuto e protezione. Il gruppo di Piccolo Lupo giunse senza difficoltà nella regione del Powder, e rimase libero a cacciare tutto l’inverno e la primavera successiva.
Coltello Spuntato invece, scoprì che l’agenzia dei Lakota era stata chiusa e, ormai circondato da numerosi soldati, si rassegnò ad arrendersi. Gli Cheyenne furono rinchiusi in una squallida baracca di Fort Robinson in attesa della decisione del governo. Gli indiani non volevano assolutamente ritornare in Oklahoma e decisero di resistere a tutti i costi. Le donne smontarono e nascosero con cura nelle vesti e nei miseri fagotti, fucili e pistole, coltelli e qualche arco. Il 24 dicembre 1878, il capitano Henry Wessells, comandante di Fort Robinson, ebbe dal governo l’ordine che temeva. Avrebbe dovuto riportare gli Cheyenne in Oklahoma.
I soldati cercano di convincere la gente di Coltello Spuntato ad andare via, ma il capo disse: “ Non andremo a vivere là. Non è terra sana e se staremo là moriremo tutti. Noi non vogliamo tornare indietro e non torneremo. Siamo sulla nostra terra e non torneremo mai indietro. Potete uccidermi qui, ma non mi farete tornare indietro”. Per convincere gli indiani, il capitano Wessells decise di ridurre progressivamente le razioni di cibo e in poco tempo le fermò totalmente. Dentro il fabbricato, per circa 150 persone, in maggioranza donne e bambini, cominciarono giorni da incubo. Gli cheyenne rimasero totalmente senza mangiare, almeno per cinque giorni.
La disperazione cominciò a serpeggiare tra di loro e nel pomeriggio del 9 gennaio, con dieci gradi sotto zero, presero la decisione di tentare una sortita per morire combattendo come guerrieri e non di fame, come oramai si prospettava. Le armi a disposizione, 5 fucili e 11 rivoltelle, furono rimontate con cura e distribuite agli uomini ancora in forze.
I guerrieri indossarono gli ultimi abiti da cerimonia e da battaglia, si dipinsero con i colori tradizionali, le donne si misero in ordine cercando di apparire degne dei loro uomini. Sapevano che le speranze di una riuscita della fuga erano scarsissime, ma la maggior parte di loro sarebbe morta aggredendo i soldati per tentare di strappargli le armi, piuttosto che morire di fame.
I bianchi sospettarono qualcosa e Wessells, per evitare sorprese, dispose una doppia fila di guardie attorno alla costruzione. I soldati arrivarono anche ad incatenare le porte e alcune delle finestre. Erano presenti gli ultimi capi della banda di Coltello Spuntato, valorosi guerrieri della potente nazione Cheyenne: Gobba di Bisonte, Maiale Selvatico, Forte Mano Sinistra, Piccolo Scudo e Capelli Arruffati, il capo dei Dog Soldier.
Al tramonto, Piccolo Scudo, Capelli Arruffati e quattro Dog Soldier ruppero le finestre e si gettarono a corpo morto fuori dalla baracca, ingaggiando un furioso corpo a corpo con le guardie. I cinque si raggrupparono e tennero impegnati i soldati che accorrevano massa. Questi uscirono dalle camerate e avanzarono verso i guerrieri che ad uno ad uno, dopo alcuni disperati minuti di battaglia, furono uccisi, dando però il tempo a molte persone di fuggire.
Alcuni Cheyenne riuscirono ad allontanarsi, altri si gettarono sui soldati finchè non furono uccisi. Grande Antilope e sua moglie corsero a perdifiato fino a che la donna, ferita ad una gamba, non potè muoversi. Allora l’uomo prese il suo coltello e l’uccise. Poi se lo piantò nel cuore. Molti Cheyenne furono feriti e successivamente alcuni vennero ricoverati nell’infermeria del forte………..
…….il vecchio guerriero Uomo Seduto, che era stato ferito a una gamba uscendo dalla baracca. Si sedette tranquillo, intonò il canto di morte e aspettò la fine: un soldato sopraggiunse, lo vide, gli puntò la canna del fucile alla testa e sparò. Nella corsa disperata verso le colline, gli Cheyenne cercarono in tutti i modi di proteggere le donne e i bambini, ma nella neve alta fu quasi impossibile. Un gruppo di 6 donne e un bambino, tra cui la figlia di Coltello Spuntato, cercò di fuggire verso il bosco di pini che si trovava nelle vicinanze del forte, ma furono raggiunti e massacrati tutti senza pietà. I soldati uccidevano chiunque gli si parasse davanti.
Un certo numero di persone riuscì a fuggire molte miglia lontano dal forte, ma la caccia spietata dei soldati non lasciò loro tregua. Il 22 gennaio quattro compagnie di cavalleria con un cannone, intercettarono il grosso dei fuggitivi, 17 guerrieri e 15 donne e bambini, diretti verso l’agenzia Sioux di Pine Ridge. Stremati e affamati, gli ultimi guerrieri Cheyenne si nascosero in un avvallamento del terreno, nascondendo donne e bambini sotto la neve e i cespugli.
Circondati da quattro lati, resistettero al terribile fuoco nemico per trenta minuti, rintuzzando e respingendo con i pochi colpi rimasti gli attacchi dei soldati. Poi, ad uno ad uno, sotto un diluvio di cannonate furono tutti uccisi. Gli ultimi tre guerrieri rimasti incolumi, si lanciarono con i coltelli in un attacco suicida verso i soldati e si fecero uccidere. Dal mucchio di morti uscirono illesi solo tre donne e quattro bambini. Coltello Spuntato, con sei membri della sua famiglia, riuscì a fuggire e a trovare riparo in una caverna sulle colline, dove il gruppo si nascose per 15 giorni, prima di arrendersi a Pine Ridge. Nelle vicinanze di Fort Robinson la raccolta dei cadaveri durò alcuni giorni.
Una buona metà dei cadaveri fu scotennata e alcuni ufficiali americani raccontarono persino che i coloni bianchi delle vicinanze erano venuti al forte per scotennare i morti e rubare le misere cose che erano ancora indosso ai corpi degli indiani. In totale, tentarono la fuga e uscirono dalla baracca 149 Cheyenne: 78 furono catturati e di questi, 20 furono mandati in Oklahoma per essere giudicati e 58 a Pine Ridge. I morti furono 64, dei quali 39 uomini e 25 donne e bambini. Sette furono i dispersi, quasi certamente morti.
Un numero non identificato di prigionieri fu raccolto ferito gravemente e di questi numerosi morirono in seguito. Nel rapporto finale al suo superiore il generale Crook, il capitano Wessells scrisse che “gli Cheyenne erano ben armati e ben dotati di munizioni come mai gli era capitato di vedere sul sentiero di guerra”. Di tutte le stragi compiute in più di un secolo di guerre e conquiste, riteniamo di poter affermare che la strage di Fort Robinson a danno degli Cheyenne del capo Coltello Spuntato, sia stata una delle più malvagie e insensate azioni compiute dall’esercito degli Stati Uniti.

Filmografia:Il grande sentiero di John Ford

LA BATTAGLIA DI LITTLE BIG HORN

Dopo la disfatta, Crook, fu costretto alla ritirata mentre altre colonne militari si misero in marcia verso la zona del Powder. Il piano del Gen. Terry era di accerchiare gli indiani prendendoli tra due fuochi cioè tra il reggimento di Gibbon (fanteria) e quello di Custer (Cavalleria). Strategia errata se si considera:
1-la grande mobilità degli indiani,2-i bianchi non conoscevano l'esatta ubicazione del villaggio,3-i bianchi non conoscevano la consistenza del villaggio.


Il 22 giugno 1876 Terry inviò a Custer un ordine scritto con il quale lo invitava a dirigersi a monte del fiume Rosebud seguendo le tracce degli indiani senza tuttavia menzionare il comportamento da tenere in caso di avvistamento del nemico. Il 22 giugno il 7° Cavalleria lasciò il campo, posto alla foce del Rosebud, dirigendosi verso sud. Il 24 mattina mentre Figlio della Stella Mattutina (così Custer era chiamato dagli indiani) si stava lasciando dietro il Rosebud, i suoi scout che costituivano l'avanguardia videro un gruppo di esploratori o cacciatori Sioux e riferirono al Tenente Colonnello che gli odiati nemici si erano diretti verso lo spartiacque tra il Rosebud e il Little Big Horn. Nel primo mattino del 25 gli scout Absaroka avvistarono l'accampamento situato nella valle del Little Big Horn. Dopo essersi consultato con le sue guide indiane sulla migliore strategia da seguire Figlio della Stella Mattutina decise di restare al riparo per tutto il 25 prospettando un attacco per la giornata successiva, tuttavia, l'avvistamento di un gruppo di indiani, forse in fuga, lo costrinse ad attaccare in anticipo senza tener conto degli avvertimenti degli scout sulla reale consistenza del villaggio che negli ultimi tempi si era molto rafforzato. Dopo aver marciato, a mezzogiorno il reggimento si fermò e Custer diede le ultime disposizioni per l'uscita dalle colline e divise i suoi soldati in 3 colonne, una sotto il suo comando, l'altro sotto il comando del maggiore Reno e una con a capo il Cap. Benten (secondo i soliti usi della cavalleria) per attaccare da più parti il campo indiano. A questo punto dobbiamo trattare la battaglia separatamente per i 3 contigenti:

LA BATTAGLIA DEL CAP. BENTEN
Non sapendo l'esatta ubicazione del villaggio indiano Custer diede ordine a Benten di effettuare con il suo battaglione una ricognizione per localizzare gli ostili. Questa spedizione fu svolta ad un ritmo molto lento (forse anche per aspettare i carri delle provviste) lasciando le truppe distanziate rispetto a quelle di Custer e Reno. Quando il capitano rientrò nella pista percorsa dal suo comandante ricevette un messaggio di Figlio della Stella Mattutina ove questi gli diceva di avanzare con i suoi soldati perchè aveva trovato un villaggio nemico e si accingeva ad attaccarlo (ma la velocità di marcia rimase la stessa). Verso le 16 giunse al capitano un altro messaggio ove il Tenente Colonnello gli chiedeva di affrettarsi e di portare le munizioni, poco dopo Benten giunse sulle colline che circondavano il Little Big Horn e vedendo il battaglione di Reno in difficoltà con gli indiani alle calcagna decise di fermarsi ad aiutarlo contravvenendo all'ordine di Custer.

LA BATTAGLIA DI RENO
Dopo aver inviato Benten in esplorazione Custer proseguì lungo il torrente "Ash" e dopo una breve pausa ordinò al maggiore Reno di avanzare . La maggior parte degli esploratori indiani era con Reno e aveva il compito di catturare le mandrie di cavalli, riducendo di conseguenza la grande mobilità dei nemici. Verso le 15 gli scout cominciarono a dare la caccia ai Sioux fuori dal campo e le compagnie di Reno attaccarono il villaggio Hunkpapa (il più meridionale dell'accampamento) cogliendolo di sorpresa e uccidendo numerose persone mentre la gente fuggiva in preda al panico. Intanto Toro Seduto riuscito a radunare i suoi uomini diede inizio al contrattacco fermando l'avanzata di Reno. Col passare del tempo giunsero numerosi guerrieri dagli altri campi costringendo le giacche blu alla ritirata verso il bosco che costeggiava il fiume ma parte degli indiani riuscì ad infiltrarsi nella boscaglia e ad arrivare a a sparare contro il comando di Reno che dopo aver visto il suo scout Coltello Insanguinato ucciso, fu preso dal panico e scappò dal bosco senza dir nulla, seguito dai soldati della compagnia M e della A mentre la G essendo più a Nord non capì cosa stesse succedendo e circondata dai nemici fu distrutta con pochi superstiti. I resti del battaglione di Reno riuscirono ad attraversare a fatica il Little Big Horn e a disporsi su una collina per "trincerarsi" mentre poco dopo Benten viste le condizioni del battaglione del maggiore decise di prendere posizione li con i carri delle munizioni destinate a Custer.
LA BATTAGLIA DI CUSTER
Dopo essersi separato da Reno, Custer proseguì con il suo reggimento per riuscire ad accerchiare i nemici ma giunto su una collina ebbe un'ottima visuale del villaggio e si accorse di aver commesso un errore di valutazione circa il numero dei nemici e aveva altresì sbagliato a dividere le sue forze. Figlio della Stella Mattutina inviò il trombettiere Giovanni Martini da Benten con l'ordine di far presto e di portare le munizioni. In seguito il reparto tagliò per una gola e risalì attraverso una stretta fenditura che portava al fiume cominciando ad attraversarlo vedendo l'esiguo numero dei pellerossa, dato che la maggior parte dei guerrieri era occupata contro Reno. Carpendo il pericolo di essere circondati dai soldati, alcuni Cheyenne e Lakota che erano ancora da quella parte del villaggio, cominciarono a tener testa ai soldati impedendogli di attraversare il fiume. Capendo l'impossibilità di attraversare il fiume da quella parte dato l'arrivo di altri guerrieri dal fronte di Reno. Il tenente colonnello vedendo la disfatta del maggiore Reno, decise quindi di attraversare il fiume in un'altro guado di fronte al campo Cheyenne proseguendo la sua avanzata nonostante fosse circondato dai nemici. Poco dopo i bianchi si ritrovarono a dover combattere per salvarsi la pelle e cercavano di raggiungere una collina abbastanza alta da garantire loro un certo riparo. Ad un certo punto della battaglia Tashunka Witko (Cavallo Pazzo) con alcune centinaia di guerrieri aggirò la cima della collina (e di conseguenza il reparto di Custer) e le giacche blu si ritrovarono circondate su tutti i fronti e furono tutte uccise.

FINE
Reno e Benten rimasti asserragliati sulla collina, raggiunti in seguito dalle salmerie, non riuscirono a raggiungere Custer, dato che dopo aver distrutto il battaglione del Tenente Colonnello i pellerossa si riversarono sul loro fronte. I bianchi scavarono delle trincee e gli indiani vista l'impossibilità di assalirli data la posizione sfavorevole, preferirono assediarli cercando di prenderli per fame. Il 27 giugno, gli indiani scapparono poichè arrivarono sul campo Terry e Gibbon e liberarono i pochi superstiti del 7° cavalleria che contava 263 morti e 53 feriti tra ufficiali,soldati e civili. Gli indiani subirono 50 caduti e 100 feriti..
Filmografia:Piccolo Grande Uomo di Arthur Penn

STRAGE DI ROSEBUD Battaglia del 17 giugno 1876

Durante la campagna indiana del 1876 contro gli indiani Lakota e Cheyenne del Powder, il generale Gorge Crook ebbe un ruolo predominante, guidando tre colonne in altrettanti momenti diversi. Dopo l’occasione perduta del marzo precedente, Crook si mise in movimento con le sue truppe il 29 maggio, in direzione nord, partendo da Fort Fetterman, nel Wyoming, diretto nuovamente verso il territorio del Powder, dove riteneva fosse accampato il grosso degli indiani di Toro Seduto. Altre due colonne erano dirette in quei luoghi, quella del generale John Gibbon e quella del generale Alfred Terry, con il reggimento di Gorge Armstrong Custer come punta di lancia. La colonna di Crook era, però, la più forte e superava le forze combinate delle altre due.
Alla colonna di Crook erano aggregati gli scout Frank Grouard, Big Bat Pourier e Luis Richard. Crook s’era inoltre assicurato l’aiuto di numerosi ausiliari Corvi e Shoshoni, che avrebbero raggiunto la colonna alcuni giorni dopo la partenza.
Seguivano la spedizione ben cinque corrispondenti di guerra, inviati dai maggiori quotidiani dell’Est e dell’Ovest per seguire quella che doveva essere l’ultima grande guerra indiana. All’alba del 29 maggio la colonna mosse da Fort Fetterman, imboccò la vecchia pista Bozeman in direzione delle rovine di Fort Reno e il 4 giugno, dopo aver percorso una sessantina di miglia, pose il campo alla foce del torrente Prairie Dog, affluente del Tongue.
Si erano uniti, nel frattempo 65 minatori civili i quali, diretti ai campi auriferi delle Colline Nere, avevano preferito accodarsi alla spedizione. Furono arruolati come volontari civili, ben lieti di mettersi a disposizione di un generale famoso e preparato come Crook.
Il 16 giugno, verso le cinque di mattina, l’esercito di Crook mosse lungo il corso del Rosebud. Le truppe discesero il torrente Goose per trenta miglia e posero il campo nei pressi delle sorgenti del Rosebud.
Quella mattina, Molti Colpi avvistò alcuni Lakota sulle colline, e scambiò con loro alcune parole nel linguaggio dei segni.
Il villaggio indiano si trovava lungo il Torrente della Cenere, un affluente del Little Big Horn, e i suoi capi furono costantemente informati della posizione dei soldati. Il 16 giugno il consiglio decise che un forte gruppo sarebbe uscito incontro ai bianchi. La forza combattente ammontava circa a 800 guerrieri, contando anche alcuni Cheyenne accampati più lontano sul Rosebud, e di questa circa 700 mossero contro Crook.
Erano presenti Toro Seduto e Cavallo Pazzo, anche se l’Hunkpapa non potè prendere parte direttamente alla lotta, perché ancora debilitato dalla grande danza del sole di alcuni giorni prima, dove aveva offerto, come sacrificio, alcune decine di pezzettini di carne delle sue braccia. Il capo di guerra degli Cheyenne era Uomo Bianco Zoppo.
Cavallo Pazzo raccomandò ai guerrieri di evitare eroismi, nell’imminente battaglia: “ Questi soldati del Grande Padre non sono uomini come voi. Non hanno casa in nessun luogo, non hanno moglie, ma donne che si pagano, non conoscono i figli. Essi, amici miei, sono venuti a cercarci nel nostro paese per ucciderci. In questa guerra dobbiamo combatterli in maniera diversa dai modi che conoscono i Lakota: non per contare molti colpi, né per compiere grandi imprese da raccontare alla danza di vittoria. Dev’essere una guerra per uccidere, una guerra definitiva, così che poi si possa vivere in pace nel nostro paese”
La tattica degli indiani fu relativamente semplice: attaccare il nemico ovunque fosse, senza darli tregua, approfittando dei momenti in cui i soldati manovravano e smettevano di sparare. In questo modo, tenendosi sempre in movimento con i loro cavalli da guerra, gli indiani sembravano molti di più. Se ne vedevano davanti, di dietro, ai lati, in cima qualsiasi altura, vicini e lontani.
Gli indiani caricavano con audacia e rapidità, passando in mezzo ai soldati. I cavalli caddero uno dopo l’altro e travolsero molti soldati, prima che la cavalleria si ritirasse.
Verso mezzogiorno la battaglia si placò, perché molti indiano si ritirarono al riparo delle colline per far riposare i cavalli. Crook approfittò della breve pausa, e ordinò a due battaglioni di cavalleria, al comando del colonnello Mills, di attraversare il Rosebud e di dirigersi verso nord in direzione del villaggio indiano che credeva molto vicino. Mills portò il suo reparto all’imboccatura di una lunga e stretta fenditura del terreno, con le pendici ricoperte da bassi cespugli.
Gli esploratori gli consigliarono prudenza, perché temevano un imboscata dei Sioux. Mentre Mills si inoltrava lungo la gola, gli indiani attaccarono nuovamente Crook. Alle 12,30 questi inviò un messaggio a Mills, con l’ordine di tornare indietro, per appoggiare il maggiore Chambers in difficoltà sotto il fuoco nemico. Mills operò una lunga conversione a sinistra e, dopo una marcia di circa mezz’ora, giunse alla spalle del nemico che, esaurite tutte le munizioni, si ritirò portando via i feriti e la maggior parte dei caduti. La battaglia del Rosebud era finita.
La battaglia del Rosebud costituì una grave sconfitta per l’esercito americano, sia tatticamente che strategicamente, e Crook ne fu il principale responsabile. I Lakota e gli Cheyenne, si dimostrarono molto più abili rispetto alla cavalleria americana, sia durante lo scontro in campo aperto, muovendosi con una grande rapidità e coordinazione, che sul terreno accidentato.
Dimostrarono anche, cosa poco usuale, un ottima disciplina e, anche se non mancarono episodi di scontri individuali per contare colpi rituali, la maggior parte dei guerrieri combatté per uccidere il nemico. Il merito di questo comportamento fu di Cavallo Pazzo il quale, con una presenza instancabile e il suo grande ascendente sui guerrieri, seppe tenere in pugno una considerevole massa di combattenti, evitando che si disperdessero in combattimenti di dubbia efficacia.
Contro soldati bianchi ben armati e riforniti di munizioni illimitate, in almeno un’occasione riuscì a raggruppare i guerrieri in una formazione compatta, guidandoli in una carica vittoriosa.
Dal punto di vista strategico la battaglia del Rosebud fu un grave insuccesso per l’esercito e determinò il cattivo esito della campagna di Terry e Custer. Il piano di Crook prevedeva la distruzione dei campi indiani del Powder e del Tongue, ma come abbiamo visto, fallì completamente. La vittoria contro i soldati, rese euforici gli indiani e servì enormemente a rinsaldare l’alleanza tra le diverse tribù che volevano resistere all’aggressione del governo americano.
Dopo Rosebud, infatti, moltissime bande che vivevano presso le agenzie, raggiunsero il campo di Toro Seduto, rafforzandolo in vista del decisivo e storico confronto con il 7° Cavalleria di Custer.

BATTAGLIA DEL POWDER RIVER

Battaglia del 17 marzo 1876
Nel gennaio 1876 l’ultimatum del governo americano agli indiani del Powder perché si presentassero presso la grande riserva Sioux, non ebbe effetto e l’esercito americano decise di intervenire contro i cosiddetti indiani “ostili”. La prima colonna pronta a partire fu quella guidata dal generale Crook composta di 30 ufficiali e 662 soldati, in massima parte del 2° e 3° Cavalleria. Il primo marzo Crook si avviò da Fort Fetterman, la sua base operativa, in direzione della regione del Powder, dove presumeva che fosse il grosso degli indiani. Il 15 marzo, dopo alcuni giorni di durissima marcia nella neve, gli scout di Crook segnalarono la presenza di indiani. Gli esploratori gli riferirono che i campi indiani erano a non più di tre giorni di marcia.
Crook, allora, divise in due la colonna assegnando al colonnello Joseph Reynolds 374 uomini, con l’ordine di seguire le tracce, arrivare al villaggio indiano, attaccarlo e distruggerlo. L’ordine era insensato, perché non c’era ragionedi dividere la colonna e 374 soldati rischiavano di trovare un nemico molto più forte.
Probabilmente, con questa scelta Crook voleva dare a Reynolds la possibilità di riscattarsi agli occhi dell’esercito, perché durante la sua ultima permanenza nel Texas, era stato coinvolto in un grave scandalo per corruzione. Alle cinque pomeridiane del 16 marzo la colonna di Reynolds iniziò la marcia verso il Powder e alle prime luci del giorno seguente giunse in vista del villaggio indiano.
Frank Grouard, uno degli scout di Reynolds, avvisò il comandante di aver visto nel campo alcuni cavalli di Cavallo Pazzo, ma in realtà il villaggio comprendeva varie bande Cheyenne con in più la piccola banda di Sunka Bloka, “Cane Maschio”, amico e compagno di Cavallo Pazzo, che aveva deciso di andare verso le agenzie del Nebraska a commerciare.
Il capo principale del campo era Vecchio Orso e nessuno dei presenti aveva intenzione di compiere atti ostili. Anzi, la maggior parte degli Cheyenne era diretta proprio verso le agenzie del Nebraska, come ordinava l’ultimatum del governo. Nonostante avessero molte pattuglie di vedetta, gli indiani furono colti di sorpresa dall’attacco di Reynolds e costretti ad abbandonare il campo, senza però subire perdite, tranne un’anziana donna che non poté essere portata via.
Durante le prime fasi concitate dell’assalto, gli Cheyenne persero tutti i loro cavalli, che furono catturati dai soldati, ma i guerrieri riuscirono ugualmente a fermare l’inseguimento del nemico combattendo a piedi, ingaggiando furiosi corpo a corpo e costringendolo a rimanere dentro il perimetro del villaggio. Gli indiani s’erano appostati sulle colline e Reynolds si rese conto che non era possibile inseguirli.
Fra l’altro, i soldati avevano dato mano a quasi tutte le munizioni e la neve alta bloccava i cavalli, impedendo di fatto qualsiasi movimento. Circa a metà giornata il colonnello diede ordine di bruciare il villaggio e i soldati appiccarono il fuoco a 105 tende con tutto il loro prezioso contenuto, compreso il cibo e le pelli conciate che potevano essere utilizzati anche dalla colonna di Crook a corto di rifornimenti.
Poi, i soldati si ritirarono abbandonando nella neve, insepolti 4 caduti e persino un ferito, il soldato Lawrence Ayers, del 3° Cavalleria, compagnia M, che in seguito, quando gli indiani ritornarono per cercare di recuperare i loro averi, fu ucciso e fatto a pezzi. La notte seguente, i soldati si accamparono in un luogo riparato, ma trascurarono di mettere sentinelle a guardia della mandria catturata. A notte fonda un gruppo di guerrieri che aveva seguito la colonna con questa precisa intenzione, portò via tutti i cavalli, ridando speranza alle centinaia di persone che avevano passato la notte al freddo delle colline.
I soldati non si accorsero di nulla e solo la mattina presero atto che la mandria si era volatilizzata. Il 18 marzo Reynolds si ricongiunse con Crook; il generale appresi i dettagli della spedizione, deferì il suo inetto e sfortunato subordinato alla corte marziale. I soldati di Crook ritornarono alle posizioni di partenza, percorrendo penosamente la pista fra la neve alta, nella morsa d’una temperatura polare. La spedizione invernale del Powder terminò ingloriosamente e Reynolds fu punito con un anno di sospensione dal servizio.
Gli indiani, invece, riuscirono a raggiungere il campo di Cavallo Pazzo e Toro Seduto, che li accolsero con amicizia e li dotarono di tende nuove e di cibo per superare la crisi. Gli Cheyenne raccontarono l’attacco subito, l’incendio del campo e rafforzarono, negli indiani ancora liberi, il proponimento di una sempre più ferma resistenza contro i soldati invasori. Il fallimento della campagna del Powder è da imputare essenzialmente alla scarsa chiarezza della strategia di Crook, ai suoi ordini sbagliati e alla scelta, ugualmente errata, del comandante del gruppo di assalto inviato contro il villaggio indiano.

28 novembre 1868 strage del Washita River


L’operazione a sud verso la zona del Washita prevedeva l’impiego del 7° cavalleggeri e per questo Custer, il 24 settembre 1868, ricevette a Monroe un telegramma a firma di Sheridan che lo richiamava in servizio. Custer non se lo fece ripetere due volte e il 30 settembre era già a Fort Hays a colloquio con Sheridan. Riunitosi al 7° cavalleggeri, il 12 novembre Custer partiva verso il sud con l’intenzione di iniziare la campagna invernale. Un villaggio indiano venne effettivamente trovato la notte del 27 novembre ed era quello cheyenne di Pentola Nera. Alle prime luci dell’alba, il villaggio ancora immerso nel sonno, venne attaccato dagli squadroni del 7° cavalleggeri al suono del “Garry Owen”, l’antica marcia irlandese preferita da Custer. Pentola nera, il capo cheyenne, tentò di fermare il massacro imminente sbandierando lo stendardo donatogli dal governo degli Stati Uniti. Lui si considerava un amico degli americani, ma Custer neanche lo sapeva di trovarsi di fronte il capo cheyenne amico dei bianchi. Per Custer quel campo era solo un’accozzaglia di indiani da servire su un piatto d’argento al generale Sheridan.
Fu un vero massacro. Il capo Pentola Nera e sua moglie morirono assieme a un centinaio di altri cheyenne compresi donne e bambini. Nel campo fu praticamente bruciato tutto e la quasi totalità dei cavalli fu abbattuta per impedire che altri indiani se ne servissero. Tra i cavalleggeri si contarono una ventina di morti tra i quali il maggiore Elliot. Con la strage del Washita, Custer portò un contributo notevole alla campagna invernale di Sheridan. Infatti entro la primavera del 1869 le cinque tribù meridionali avevano fatto rientro nella riserva. L’operato di Custer venne comunque criticato, ma Sheridan si guardò bene dallo sconfessare l’operato del suo collega visto che per lui “il solo indiano buono era un indiano morto.”
Filmografia:Piccolo Grande Uomo di Arthur Penn

BATTAGLIA DI PLATTER BRIDGE

Battaglia del 26 luglio 1865.
Durante l’estate del 1865 le pianure del Wyoming e del Nebraska furono teatro di sanguinose scorrerie di Cheyenne e Lakota, in guerra a causa del massacro di Sand Creek dell’anno precedente.
Il 26 luglio di quell’anno il maggiore Martin Anderson, comandante della postazione militare di Platte Bridge Station, vicino all’odierna Casper, Wyoming, inviò un distaccamento di cavalleggeri incontro a un convoglio di rifornimenti di cinque carri, che si sapeva in viaggio verso il Platte con la scorta di 25 soldati e che probabilmente non era distante dalla postazione. Al comando del drappello vi era il tenente Camper Collins, figlio del colonnello William Collins, comandante dell’11° Ohio, un reggimento di volontari unionisti originari dell’Ohio.
Al forte nessun ufficiale aveva accettato l’ordine di Anderson, ritenendo quella impresa suicida; molti degli ufficiali presenti, erano vicini alla fine della ferma e nessuno di loro volle rischiare una freccia indiana, proprio alla fine di tanti, duri anni di guerra.. Collins, visto che nessuno si faceva avanti, si offrì volontario, ben sapendo, tuttavia, di andare incontro alla morte.
Infatti, appena Collins e i suoi 20 uomini ebbero attraversato il Platte, a poca distanza dal ponte furono attaccati da 1000 indiani Cheyenne e Lakota, che avevano preparato un’ imboscata. Alcuni giovani guerrieri, però, attaccarono senza attendere l’ordine dei capi delle società militari che erano al comando della spedizione, e la loro irruenza fece fallire la sorpresa. Appena i soldati si videro venire incontro tanti nemici, voltarono i cavalli e in fila per due fuggirono in direzione del forte, con gli indiani alle terga.
I guerrieri, cavalcando a briglia sciolta, serrarono sotto e cominciarono a sbalzare di sella i soldati, colpendoli con le mazze e le lance. I soldati si difesero coraggiosamente, colpendo i nemici con le sei colpi o difendendosi con fendenti di sciabola. Alcuni cavalleggeri rimasero indietro e furono sopraffatti. Collins si fermò per raccogliere un soldato ferito, ma fu colpito alla fronte da una freccia e ucciso assieme ala soldato che aveva cercato di salvare.
Dalla palizzata del forte, intanto, gli obici cominciarono a sparare e riuscirono a coprire la ritirata dei commilitoni. Nella ritirata, oltre a Collins, morirono 4 soldati e altri 9 furono feriti più o meno gravemente. Nel frattempo, il convoglio di carri atteso dal forte giunse nei pressi del ponte e il comandante, il sergente Amos Custard, udito il fragore della battaglia fece sistemare i carri in cerchio, mentre 4 soldati della scorta, che erano in avanscoperta, attaccati dagli indiani riuscirono miracolosamente ad entrare nel forte.
I soldati rimasti con Custard resistettero per quattro ore e scoraggiarono, con il tiro preciso dei loro fucili, gli assalti a cavallo degli indiani. Per evitare inutili perdite, i guerrieri smontarono e, circondato il convoglio, strinsero lentamente il cerchio, sparando e lanciando frecce contro i carri. A un certo punto, tutti assieme, i guerrieri si alzarono, superarono di slancio gli ultimi metri che li separavano dai carri e con un furioso corpo a corpo penetrarono nel cerchio uccidendo tutti i soldati. La giornata costò alla cavalleria americana 26 caduti.
Ai Lakota e agli Cheyenne 8 morti e numerosi feriti. Sul campo, quel giorno erano presenti quasi tutti i capi e i guerrieri più importanti dei Lakota e tutti quelli degli Cheyenne, sia meridionali che settentrionali, tra i quali Naso Romano, Lingua d’Orso, Gemelli. Con i Lakota c’erano Nuvola Rossa, Vecchio Uomo che Teme i suoi Cavalli e il giovane ma già famoso Cavallo Pazzo.

29 novembre 1864 il massacro di Sand Creek

E’ sempre difficile parlare di un massacro.
Quello che avvenne nell’accampamento di pellerossa Cheyenne e Arapaho lungo le rive del fiume Sand Creek, nel Colorado, in quella grigia alba del 29 novembre 1864 fu un orribile massacro, un massacro che a distanza di quasi 140 anni ancora pesa sulla coscienza umana, meglio sarebbe dire sulla coscienza dei governi americani e di quella nazione intera, pesa tanto sulla coscienza americana che nell’ottobre del 2000 il Congresso degli Stati Uniti, per quella orribile carneficina, fu costretto a chiedere scusa al popolo degli indiani d'America.

Allora, in quella grigia alba del 29 novembre 1864 lungo le rive del fiume Sand Creek, l'uomo che serrava nella mano la falce della morte si chiamava John Chivington, comandante di quel 30° reggimento volontari del Colorado composto in maggior parte dalla feccia dell’umanità, la schiuma fetida e nera, il rigurgito lercio e sanguinolento di quell’America razziatrice di fine ottocento.


Filmografia:Soldato Blu di Ralph Nelson

Massacro dei Santee Sioux

L'ultima guerra combattuta dai nativi delle grandi pianure ebbe probabilmente inizio tra le foreste del Nord dove i Sioux Santee, assediati da 15 mila coloni verso la metà del secolo XIX, tentarono invano di stabilire rapporti di convivenza pacifica con i bianchi. Delusi dal comportamento dei coloni, sotto la guida di Piccolo Corvo, essi incominciarono così ad attaccare forti e villaggi catturando numerosi prigionieri. Questo provocò un intervento massiccio delle truppe che, il 26 settembre 1863, invasero il loro campo liberando i bianchi qui rinchiusi e facendo prigioniera la maggior parte degli indiani. Un processo sommario decretò la condanna a morte di 303 guerrieri santee, ma il Presidente Lincoln fece eseguire la sentenza per 38 condannai che vennero pubblicamente impiccati. Gli altri vennero rinchiusi in prigione e 1700 tra donne e bambini vennero trasportati a Fort Snelling tra le violenze della folla che assisteva al loro passaggio. Piccolo Corvo, spintosi nelle pianure dove avrebbe voluto unirsi agli altri cugini Sioux, venne ucciso da due coloni che speravano di riscuotere la taglia da 25 dollari promessa dallo Stato del Minnesota per ogni scalpo di indiano che fosse stato consegnato alle autorità.

CAPO GIUSEPPE

Nasi Forati o Nez Pierce sono una nazione di pellerossa che viveva tranquillamente in pace con i bianchi finché un giorno si decise di togliergli le terre nelle quali vivevano per regalarle alle famiglie di agricoltori che a frotte stavano inondando il West nella seconda metà del 1800.
Questo accadeva nel 1877e fu l'inizio della guerra dei Nasi Forati e della loro fuga attraverso il continente americano alla ricerca di un rifugio in Canada dove si sapeva che viveva in pace Toro Seduto.
Capo Giuseppe, un grande amante della pace costretto alla guerra da circostanze non volute da lui e dalla sua tribù guidò il suo popolo in fuga fino alla resa definitiva di fronte a forze preponderanti quando ormai pochi chilometri lo separavano dalla meta.
Una immane tragedia che colpì gli stessi americani di allora e che non mancherà di far riflettere voi.


Bibliografia: CAPO GIUSEPPE HOWARD HELEN

RE PHILIP - METACOM

Chi era re Philip? Re Philip, come i colonizzatori lo hanno denominato, era diventato capo del Confederacy di Wampanoag, era il secondo figlio di Massasoit principale e fu conosciuto come Metacom, Metacomet e Philip di Pohanoket. Quando i Pellegrini sono arrivati a Plymouth in 1620, era territorio dei Massasoit quello che hanno invaso. La residenza di principio del Massasoit era con il Pokanokets a Sowans nel Rhode Island, ma si evolvette a Confederacy Wampanoag che contava 31 suttotribù sotto lui. Metacom o il re Philip era C. nato 1638, o in Massachusetts o Il Rhode Island, probabilmente in Sowans. Ha sposato una donna indiana chiamata Wootonekanuske. È stata sopportata in Pocasset, Massachusetts. Un figlio di Philip, di una figlia di Philip, un bambino di Philip e di Lucy, un'altra figlia, è stato allevato da questa coppia. Nessuno sa quanti bambini hanno avuto re Philip e Wootonekanuske o che cosa è accaduto loro. Un bambino di Philip è stato sepolto il 1° aprile 1671. Sua moglie e suo figlio, l'età 9, sono stati catturati durante la guerra. Sono stati venduti come schiavi nelle Indie ad ovest come altri centinaia di indiani.Sua figlia Lucy era scappata in canoa nel Canada. Il suo carattere inoltre non è conosciuto. Che cosa è stato scritto dai Puritani ha avuto una polarizzazione forte contro Philip, il timore e l'avversione ha colorato le loro scritture. Altri lo hanno considerato come un capo strategico e fiero. La dignità e lo spirito non piegato del Metacom si è trasformato in in un simbolo della minaccia indiana che non può essere controllata. Metacom, (re nome inglese Philip) il secondo figlio, sulla morte del Massasoit in 1661 e su quella del suo figlio più anziano Wamsutta (Alexander nome inglese) il seguente anno in 1662, ha stato bene al capo del Confederacy di Wampanoag. Metacom aveva testimoniato le ingiustizie coloniali contro la sua gente e gli effetti devastanti delle malattie dei bianchi. All'età di 24anni, il Metacom aveva visto il suo fratello maggiore Wamsutta (Alexander), ucciso dalla malattia contratta quando Wamsutta è stato convocato dai funzionari dei colonizzatori per interrogarlo. Metacom trovò sempre più difficile mantenere l'impegno di pace, soprattutto a causa della vendita sempre crescente di terra indiana agli inglesi e alle umiliazioni a cui lui e la sua gente furono sottoposti continuamente. La guerra avvenne nel giugno 1675. Era uno dei confronti più costosi nella storia coloniale. Si crede che più della metà dei 90 stabilimenti nella regione siano stati attacati e un dozzina distrutti. I villaggi indiani interi massacrati e le tribù decimate. Quando l'alleanza indiana ha cominciato a disintegrarsi e gli alimenti scarseggiarono, nell'agosto del 1676, re Philip, con la maggior parte dei suoi parenti uccisi e sua moglie e suo figlio imprigionati , cercò supporto tra i suoi uomini. È stato denunciato da Alderman, un informatore di Wampanoag ed è stato ucciso in una battaglia finale. È stato decapitato e la sua testa è stata esposta su un palo per 25 anni a Plymouth. Aveva circa 38 anni. Guaime della guerra - i membri delle tribù di Wampanoag, di Nipmuc e di Narragansett sono stati riuniti e venduti come schiavi.

martedì 12 dicembre 2006

CAPITAN JACK

Capitan Jack dei Modoc

Capitan Jack, capo dei Modoc e leader della fazione ostle nella Guerra dei Modoc (1872-1873), il cui nome indiano era Kintpuash, aveva accettato, nel 1864, di lasciare la terra dei suoi avi per trasferirsi, con il suo popolo, nella riserva dei Klamath. Trovando impossibili le relazioni con i vicini, dopo l’uccisione di un uomo di medicina Klamath, Jack e il suo seguito decisero di tornare nel loro territorio.
Sfuggirono all’arresto e si rifugiarono nella zona nota come Lava Beds, in California. La loro eccellente posizione difensiva respinse numerosi tentativi dell’esercito americano di stanarli. Nell’Aprile 1873, una commissione di pace a cui faceva capo il Generale Edward R. S. Canby si incontrò con Jack e alcuni dei suoi uomini. Ad un segnale prestabilito il capo Modoc uccise l’ufficiale con una fucilata.
L’esercito, di conseguenza intensificò gli sforzi per catturare i ribelli e li costrinse alla rifugiarsi altrove. I Modoc, stanchi di combattere, iniziarono ad arrendersi, e, il primo Giugno, Capitan Jack fu catturato. Il suo gruppo fu portato a Fort Klamath, dove lui e tre dei suoi uomini furono impiccati,il 3 Ottobre.
Sebbene fosse il leader dei Modoc, Jack non aveva il pieno controllo degli indiani coinvolti nella guerra. Per le situazioni più delicate i Modoc non lasciavano le decisioni ad un singolo, usavano decidere in gruppo. Jack dovette accettare, sebbene non fosse stato d’accordo, ed eseguire anch’esso gli ordini. Protesò contro la scelta di uccidere il Generale, ma la maggioranza dei guerrieri credeva che l’omicidio avrebbe provocato una ritirata dell’esercito.

Capitan jack fu tradito e consegnato all'esercito dagli stessi uomini(Uncino jim su tutti) a cui aveva salvato la vita iniziando a combattere per difenderli e che lo avevano costretto ad uccidere l'ufficiale. E a loro disse:"Venite qui sui cavalli dei soldati, armati coi fucili del governo. Volete comperare la vostra libertà stanandomi e consegnandomi ai soldati. Vi rendete conto che la vita è dolce ma non lo sapevate quando mi costringeste a promettere di uccidere quell'ufficiale. Io ho sempre saputo che la vita è dolce per questo non volevo combattere il popolo bianco. Io pensavo che saremmo restati fianco a fianco se avessimo dovuto combattere, e morire combattendo. Mi accorgo solo ora che sono l'unico a pagare con la vita l'uccisione dell'ufficiale Canby, e forse altri due. Tu e tutti gli altri che vi siete venduti state bene, e avete molto da mangiare,come dite. Oh, voi uomini dal cuore di uccello, vi siete rivoltati contro di me..."

Nel suo ultimo discorso nell'udienza-farsa prima dell'esecuzione Jack disse:"Uncino Jim è uno che voleva sempre combattere, e cominciò ad uccidere e assassinare... La vita mi appartiene ancora per poco. Voi bianchi non mi avete vinto; mi hanno sconfitto i miei uomini"

Jack ebbe due mogli, almeno una figlia e una sorella (Queen Mary). Tutte vissero con lui per l’intera durata della guerra.

Bibliografia: seppellite il mio cuore a wounded knee di Dee Brown

MASSAI

Si crede che Massai sia nato nell'Arizona nel Nuovo Messico, poiché ha frequentato quella zona quando era bimbo e la sua data di nascita può essere valutata dovunque da 1850-1860. Certamente ha conosciuto i capi grandi di Victorio, di Nana e di Mangas Coloradas ed inoltre ha conosciuto Cochise, Geronimo ed altri capi nelle fasce dell'Arizona. Fù una sorpresa trovarlo fra i guerrieri mancanti nel maggio 1885 quando Geronimo fuggì il San Carlos per il Messico,vista la sua fama di guerriero. Per i sedici mesi successivi, fu tenente di fiducia nell'esercito di Geronimo. Che fosse con Josanie (Ulzana) nella incursione grande del novembre 1885 è una congettura. Per la fine di dicembre, Josanie e la sua banda avevano ucciso circa quaranta agenti. Inoltre rubarono circa duecentocinquanta cavalli e muli e, anche se Josanie è stato catturato due volte e parecchie volte avvistato, uscì nuovamente dal Messico per ricongiungersi con Geronimo, con la perdita di soltanto un uomo, che era stata ferito ed abbandonato lungo la strada. Nel settembre 1886 dal treno che porta i Apaches alla prigione della Florida, Massai riuscì in qualche modo a scappare e a viaggiare per 1.500 miglia di nuovo alla sua patria. La sua figlia, Alberta Begay, sosterrebbe che era un uomo pacifico, un Chiricahua Apache, figlio della nube bianca e di poca stella, cresciuto sulla montagna di Mescal, in qualche luogo ad ovest del paese di Mescalero Apache nel Nuovo Messico. Questo luogo è sconosciuto, ma è probabilmente che si trovi ad ovest delle montagne di San Andreas, successivamente Massai vagherebbe nella zona di di San Mateo. Ho ottenuto queste informazioni da sua madre, che era moglie del Massai secondo, un Mescalero Apache Zanagoliche chiamato ragazza. Presto Massai dopo la fuga andò subito contro l'uomo bianco, per il quale nutriva un grande odio. Ha vagato sopra il Nuovo Messico, Arizona e nella sierra Madres del Messico. Nessuno sul suo percorso era sicuro. Anche se era riuscito ad eludere la cattura degli Apache nel 1889, Ad un certo punto rubò una donna giovane Apache a San Carlos uccidendo sua madre. Allora fuggì nelle montagne dei Chiricahua. Un distaccamento delle truppe condotte dall'esploratore famoso Mickey partì nell'inseguimento, ma inutilmente. Massai ha attraversato la gamma delle montagna dei Chiricahua su di una zona che era sconosciuta all'uomo bianco a quel tempo. Il posto in cui ha attraversato da allora è stato conosciuto come punto di Massai. Più successivamente liberò la ragazza e la inviò alla sua famiglia. Massai è rimasto nella zona che cavalca bordo dell'Arizona - Nuovo Messico, cacciando con l'arco e la freccia per celare la sua presenza. Quando non potè più sopportare più la solitudine, rubò una ragazza di Mescalero, Zanagoliche, attraversò il Malpais e dirisse alle montagne di San Andreas. Su Massai fu messa una cospicua "taglia" ed era considerato pericoloso anche per la personalità che gli si attribuiva: alla mister Hyde e doc Jekyll, era completamente imprevedibile. Fra gli anni di 1890 - 1906, circolarono voci che ipotizzavano un conflitto tra Massai e il capretto degli Apache(da poco unitosi a lui) . John Horton, Wallapai Clark, Jack Ganzhorn e Mickey furono mandati ad uccidere "il capretto", mentre un tizio del Nuovo Messico disse di aver ucciso Massai. Uno o l'altro dei due fuggitivi fu trovato ucciso in una caverna,tuttavia nessuno mai hanno prodotto un corpo o hanno raccolto una ricompensa. Che cosa realmente è accaduto a questi due figli della nazione Apache? Nessuno è realmente sicuro. Fra 1887 e 1889, un fuggitivo Apache uccise una donna Apache, altre due furono ferite, una giovane squaw fu ucciso fuori da san carlos. Fu presunta opera di Massai. Fra 1890 e 1900, questo stesso indiano è accusato di tutte le depredazioni sull'uomo bianco, principalmente lungo corridoio dell'Arizona - Nuovo Messico. In 1901, il capretto degli Apache è stato accusato della morte di un civile nel nord lungo l'insenatura di Mogollon nel Nuovo Messico, ma questo fu probabilmente Massai. Più incursioni sono seguite nella stessa zona nel 1902,1903 e nel 1905, ancora probabilmente firmate da Massai. Nel settembre 1906 in anticipo, un agente del Nuovo Messico fu determinato a metter fine alle depredazioni. Seguirono una traccia dei cavalli rubati lungo l'orlo a nord di un canyon selvaggio a cavallo, attraverso l'insenatura di Alamosa e continuarono per un canyon che si dirige a nordest sul San Mateo. nella mattina del 6 settembre 1906, avvistarono due indiani alla testa del canyon di San Juan;colpirono il primo indiano con tre pallottole e il secondo scappò, anche se ci erano segni di organi sulle roccie. Più successivamente, uno scheletro è stato trovato a un miglio mezzo dall'accaduto,ed è stato supposto che fosse l'altro indiano, ma nessuno potrà esserne mai realmente sicuro. Nella ricerca degli indiani ,l'agente scoprì la pista di un adulto e di alcuni bambini. Hanno presunto che l'adulto fosse femmina e hanno seguito la pista, non trovando però la persona. Due giorni dopo abbandonarono l'inseguimento. Successivamente nel pomeriggio del giorno dopo, una famiglia nei Red River Land e Cattle Company ha ricevuto un ospite inatteso. Una donna Apache è comparsa per rubare alcuni biscotti. Arrivato l'agente,cercarono tutti intorno alla baracca e trovarono dove i bambini erano stati nascosti, ma non gli vedettero. Parecchi giorni dopo,fu avvistata la donna nell'immondizia dietro un hotel in San Marcial. L'esercito è stato avvertito e la donna fermata, che disse di essere la moglie di Massai. Uomini bianchi che ritenevano di aver ucciso Massai alla testa del canyon di San Juan nelle montagne di San Mateo dissero anche che la donna voleva solo ottenere gli alimenti per sè ed i suoi bambini. Gli uomini bianchi l'avevan inseguita per due giorni ed era molto stanca ed affamata. Disposta sotto la protezione, è riuscita in qualche modo a fuoriuscire e a recarsi alla riserva di Mescalero, dove raccontò all'agente la sua storia. L'agente trasmisse un mandato a San Marcial per richiamare i suoi bambini. Di Massai si disse ancora che fosse morto ucciso nel canyon di San Juan; dopo segnalazioni della sua presenza tra Mogollon, la gamma nera e le montagne di San Mateo per diciassette anni,si arrestò improvvisamente ogni avvistamento di Massai. Inoltre si è ipotizzato che la testa del suo cadavere fosse stata pulita insieme alle ossa e inviata all'università di Yale, piuttosto che raccoglier tutta la ricompensa. Nessuno sa che fine ha fatto il capretto degli Apache e anche questa stessa storia è entrata nella leggenda. Se Massai non fosse l'indiano ucciso dall'agente nel 1906, come si spiega la scomparsa completa di avvistamenti dopo quella data? Alberta Begay disse che si diresse alla montagna di Mescal con famiglia e si accampò nel paese li vicino, poichè Massai temeva di esser scoperto. Ha lasciato istruzioni che se gli fosse capitato qualcosa,la famiglia doveva andare alla prenotazione di Mescalero, che era la casa di Zanagoliche. Un giorno Albert vide suo padre sotto assedio delle armi dei bianchi e lo vide cadere e gridare di non essere ferito. Massai rimase nelle roccie in modo da attirare l'uomo bianco e gridò ad albert di dire che era morto. Zanagoliche ed Albert hanno atteso molto a causa dei bianchi prima di recarsi al luogo in cui Albert ha detto che Massai era stato colpito. Trovarono una mescolatura di ceneri, lei raccolse parecchi frammenti di ossa e un pezzo di cinghia carbonizzato, che ha riconosciuto come appartenendo al suo marito. Lei ed Albert hanno scavato un piccolo foro ed hanno sepolto le ossa ed allora la famiglia ha portate al San Marcial, dove finalmente sono state prese nella custodia dall'esercito e sono state trasmesse alla prenotazione di Mescalero.

FILMOGRAFIA: L'ULTIMO APACHE di Robert Aldrich