domenica 4 febbraio 2007

Responsabile dell'alto tasso di suicidi è il genocidio passato

Foto nell'articolo: "Genocide of the Mind: New Native American Writing" di Marijo Moore, Introduzione di Vine, Jr. Deloria, 352 pagine Nation Books


SPOKANE, Washington – “Qualunque dibattito sull’alto tasso di suicidio tra i giovani Nativi Americani deve muovere doverosamente da un riferimento al genocidio”, ha dichiarato il 24 ottobre ad Airway Heights un esperto di lavoro sociale riconosciuto a livello nazionale tra gli Indiani d’America.
“Finora, non c’è stata nessuna ammissione ufficiale da parte del governo americano”, ha sostenuto Maria Yellow Horse Brave Heart, professoressa all’Università di Denver Graduate School for Social Work ( ndt, scuola di specializzazione post-laurea).
“Sono successe così tante cose alla nostra gente, che non abbiamo avuto il tempo di riprenderci da un trauma prima che se ne verificasse un altro” ha detto Brave Heart, un’Hunkpapa/Oglala Lakhota che ha elaborato la teoria del ‘trauma storico’ a proposito degli Indiani d’America.
Brave Heart ha esposto le sue tesi il 24 ottobre in occasione della Conferenza per la Prevenzione del Suicidio e della Violenza tra i Nativi Americani al Northern Quest Casino. Circa 100 esperti di salute comportamentale hanno frequentato i seminari durati due giorni e terminati il 25 ottobre.
La conferenza è stata sponsorizzata dall’Istituto Camus della tribù Kalispel, la Healing Lodge delle Sette Nazioni, la Eastern Washington University e il QPR Institute in un momento in cui il Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie è convinto che il tasso di suicidio tra i giovani Nativi Americani sia quattro volte più alto rispetto alla media nazionale.
La discussione potrebbe riguardare l’entroterra nordoccidentale, dove gli ufficiali federali stanno attualmente facendo fronte ad un numero crescente di suicidi nelle Tribù Confederate della Riserva Colville.
Secondo l’IHS, il picco annuale del tasso dei suicidi tra gli Indiani d’America nello stato di Washington, nel corso di un decennio conclusosi nel 1996, è stato di 23 persone su 100.000. A Colville invece il tasso è più alto del cinque per cento.
Sette funzionari e impiegati statali dell’IHS, del CDC, del Servizio Amministrazione per le Risorse della Salute e dell’Ufficio delle Prigioni hanno accolto la richiesta di assistenza relativa all’alto tasso di suicidi proveniente dai leader delle tribù di Colville.
“I lavoratori sociali di Colville erano presenti alla conferenza”, ha affermato Sara Sexton-Johnson, direttrice dell’EWU Ufficio dello Sviluppo Professionale e dei Programmi Esterni.
L’anziano della tribù dei Kalispel Francis Cullooyah ha riferito che la sua tribù è preoccupata per la sorte di tutte le tribù nella regione, in particolare per i bambini.
“È davvero importante per gli Indiani ricordare chi sono e da dove vengono” ha detto Culloyah.
Culloyah e gli altri alla conferenza hanno posto l’accento sull’importanza di instillare nei giovani il senso della tradizione, della cultura e della spiritualità dei Nativi. “Senza di esso”, hanno dichiarato, “si genera un vuoto che può condurre all’isolamento, all’abuso di droghe e persino al suicidio, indicato come la seconda principale causa di morte tra i nativi aventi un’età tra i 15 e i 24 anni”.
“Il trauma storico è uno stress post-traumatico intergenerazionale che rappresenta il risultato del genocidio perpetrato ai danni degli Indiani d’America”, ha spiegato Brave Heart. “Il conseguente ‘trauma collettivo’ è stato aggravato dal sistema scolastico imposto ai bambini Indiani sia dagli Stati Uniti che dal Canada, che li ha depredati delle loro tradizioni, del loro linguaggio e delle loro famiglie”.
“I figli dei sopravvissuti al massacro, sopravvissuti al sistema scolastico, hanno trasmesso il trauma subito ai loro discendenti”, ha continuato. “La speranza per i bambini indiani è riposta nel riconoscere l’esistenza di questo trauma storico e nel difendere la cultura e la spiritualità tradizionali attraverso il potere della comunità tribale e attraverso un processo di guarigione che parta dalle fondamenta della società”.

Di: Kevin Graman – The Spokesman Review – 15 Novembre 2006, McClatchy Tribune Business News

Traduzione a cura di Valeria.

Anche qui viene detto che occorre preservare le loro culture, in modo che esse possano riempire quel vuoto imposto dalla civilizzazione forzata. Un discorso che ormai, a costo di ripeterlo fino allo sfinimento, portiamo avanti anche noi qui nel nostro piccolo, e sul quale non abbiamo MAI concesso deroghe. Una conferma quindi ciò che emerge dalla Conferenza per la Prevenzione del Suicidio e della Violenza tra i Nativi Americani in primo luogo per tutti i Nativi Americani che si impegnano quotidianamente nell'affrontare queste tematiche, e anche per tutti noi che da questo sito abbiamo posto sempre l'accento sulla necessità di combattere tutti coloro che al contrario usano le culture Nativo Americane per i propri comodi, in modo palese o meno. Non ci può essere a mio parere alcuna vera comprensione di queste culture fino a che non si comprende che dobbiamo mettere da parte l'egoismo di voler partecipare alle loro cerimonie, di voler diventare, ad esempio, danzatori del sole, di voler insegnare noi le culture e le spiritualità Nativo Americane.
Non dobbiamo insegnare proprio niente, nè abbiamo alcun diritto di pretendere una condivisione, ma il DOVERE di metterci da parte e caso mai sostenerli nel loro lavoro. Questa è l'unica verità.

Nessun commento: