martedì 6 febbraio 2007

Gli indiani e il loro mondo

Gruppo di guerrieri Blackfoot. Dopo uno dei tanti episodi guerra intertribale, il ritorno al campo con i prigionieri al seguito. A piedi.
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Festa per la vittoria. Nei combattimenti tra tribù non era importante uccidere il nemico, addirittura in alcuni casi in segno di superiorità si toccava il nemico con la punta della lancia senza neanche ferirlo ma solo per umiliarlo.
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Cuore triste. Una malinconia invincibile o l'accumularsi di preoccupazioni dovute in primis al genocidio delle"cavallette bianche" portavano il guerriero a isolarsi in cerca di ispirazione e serenità.
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Cambio di padroni. Per gli indiani il furto era inteso come dimostrazione di abilità e scaltrezza e spesso ne facevano le spese le mandrie dei coloni.
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La caccia al bisonte. Era un momento importante nella vita della tribù. Tutti offrivano il loro contributo. Il rischio di soccombere ai grossi mammiferi, per i cacciatori, era molto elevato.
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Segnali di fumo. Gli indiani non conoscevano l'uso del telegrafo, ma erano maestri nelle segnalazioni con il fumo o con gli specchi.
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Chiamata. Se la distanza non era eccessiva, si usava una coperta e in quel modo molti messaggi passavano da un capo all'altro delle pianure.
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Se i teschi parlassero. Potrebbero raccontare molte cose. Tra cui il motivo che portava questo giovane a galoppare esultante roteando una coperta.
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Scout. Amici o nemici? Il dilemma poteva essere rilevante per l'intera tribù che ai "lupi" (gli scout) affidava la propria sicurezza.
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Ancora uno scout. A volte gli scout venivano mandati in avanscoperta alla ricerca del nemico o, semplicemente del luogo migliore per il campo.
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L'escluso. Nelle tribù non esistevano le celle e i reati più gravi erano molto spesso puniti con l'allontanamento del colpevole dal resto del gruppo.
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L'episodio del bisonte. Quando il bisonte si isolava dal branco in un tentativo disperato di fuga, la sua fine era segnata. Senza dubbio.
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Il cacciatore. Conosceva il territorio meglio di tutti gli altri. Conosceva le abitudini della selvaggina meglio di tutti. Dalla caccia dipendevano i familiari.

domenica 4 febbraio 2007

Responsabile dell'alto tasso di suicidi è il genocidio passato

Foto nell'articolo: "Genocide of the Mind: New Native American Writing" di Marijo Moore, Introduzione di Vine, Jr. Deloria, 352 pagine Nation Books


SPOKANE, Washington – “Qualunque dibattito sull’alto tasso di suicidio tra i giovani Nativi Americani deve muovere doverosamente da un riferimento al genocidio”, ha dichiarato il 24 ottobre ad Airway Heights un esperto di lavoro sociale riconosciuto a livello nazionale tra gli Indiani d’America.
“Finora, non c’è stata nessuna ammissione ufficiale da parte del governo americano”, ha sostenuto Maria Yellow Horse Brave Heart, professoressa all’Università di Denver Graduate School for Social Work ( ndt, scuola di specializzazione post-laurea).
“Sono successe così tante cose alla nostra gente, che non abbiamo avuto il tempo di riprenderci da un trauma prima che se ne verificasse un altro” ha detto Brave Heart, un’Hunkpapa/Oglala Lakhota che ha elaborato la teoria del ‘trauma storico’ a proposito degli Indiani d’America.
Brave Heart ha esposto le sue tesi il 24 ottobre in occasione della Conferenza per la Prevenzione del Suicidio e della Violenza tra i Nativi Americani al Northern Quest Casino. Circa 100 esperti di salute comportamentale hanno frequentato i seminari durati due giorni e terminati il 25 ottobre.
La conferenza è stata sponsorizzata dall’Istituto Camus della tribù Kalispel, la Healing Lodge delle Sette Nazioni, la Eastern Washington University e il QPR Institute in un momento in cui il Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie è convinto che il tasso di suicidio tra i giovani Nativi Americani sia quattro volte più alto rispetto alla media nazionale.
La discussione potrebbe riguardare l’entroterra nordoccidentale, dove gli ufficiali federali stanno attualmente facendo fronte ad un numero crescente di suicidi nelle Tribù Confederate della Riserva Colville.
Secondo l’IHS, il picco annuale del tasso dei suicidi tra gli Indiani d’America nello stato di Washington, nel corso di un decennio conclusosi nel 1996, è stato di 23 persone su 100.000. A Colville invece il tasso è più alto del cinque per cento.
Sette funzionari e impiegati statali dell’IHS, del CDC, del Servizio Amministrazione per le Risorse della Salute e dell’Ufficio delle Prigioni hanno accolto la richiesta di assistenza relativa all’alto tasso di suicidi proveniente dai leader delle tribù di Colville.
“I lavoratori sociali di Colville erano presenti alla conferenza”, ha affermato Sara Sexton-Johnson, direttrice dell’EWU Ufficio dello Sviluppo Professionale e dei Programmi Esterni.
L’anziano della tribù dei Kalispel Francis Cullooyah ha riferito che la sua tribù è preoccupata per la sorte di tutte le tribù nella regione, in particolare per i bambini.
“È davvero importante per gli Indiani ricordare chi sono e da dove vengono” ha detto Culloyah.
Culloyah e gli altri alla conferenza hanno posto l’accento sull’importanza di instillare nei giovani il senso della tradizione, della cultura e della spiritualità dei Nativi. “Senza di esso”, hanno dichiarato, “si genera un vuoto che può condurre all’isolamento, all’abuso di droghe e persino al suicidio, indicato come la seconda principale causa di morte tra i nativi aventi un’età tra i 15 e i 24 anni”.
“Il trauma storico è uno stress post-traumatico intergenerazionale che rappresenta il risultato del genocidio perpetrato ai danni degli Indiani d’America”, ha spiegato Brave Heart. “Il conseguente ‘trauma collettivo’ è stato aggravato dal sistema scolastico imposto ai bambini Indiani sia dagli Stati Uniti che dal Canada, che li ha depredati delle loro tradizioni, del loro linguaggio e delle loro famiglie”.
“I figli dei sopravvissuti al massacro, sopravvissuti al sistema scolastico, hanno trasmesso il trauma subito ai loro discendenti”, ha continuato. “La speranza per i bambini indiani è riposta nel riconoscere l’esistenza di questo trauma storico e nel difendere la cultura e la spiritualità tradizionali attraverso il potere della comunità tribale e attraverso un processo di guarigione che parta dalle fondamenta della società”.

Di: Kevin Graman – The Spokesman Review – 15 Novembre 2006, McClatchy Tribune Business News

Traduzione a cura di Valeria.

Anche qui viene detto che occorre preservare le loro culture, in modo che esse possano riempire quel vuoto imposto dalla civilizzazione forzata. Un discorso che ormai, a costo di ripeterlo fino allo sfinimento, portiamo avanti anche noi qui nel nostro piccolo, e sul quale non abbiamo MAI concesso deroghe. Una conferma quindi ciò che emerge dalla Conferenza per la Prevenzione del Suicidio e della Violenza tra i Nativi Americani in primo luogo per tutti i Nativi Americani che si impegnano quotidianamente nell'affrontare queste tematiche, e anche per tutti noi che da questo sito abbiamo posto sempre l'accento sulla necessità di combattere tutti coloro che al contrario usano le culture Nativo Americane per i propri comodi, in modo palese o meno. Non ci può essere a mio parere alcuna vera comprensione di queste culture fino a che non si comprende che dobbiamo mettere da parte l'egoismo di voler partecipare alle loro cerimonie, di voler diventare, ad esempio, danzatori del sole, di voler insegnare noi le culture e le spiritualità Nativo Americane.
Non dobbiamo insegnare proprio niente, nè abbiamo alcun diritto di pretendere una condivisione, ma il DOVERE di metterci da parte e caso mai sostenerli nel loro lavoro. Questa è l'unica verità.

Indiani, non finanziate più i vostri nemici e i loro sostenitori

Una settimana prima del Giorno del Ringraziamento, One Nation United (organizzazione tesa a disconoscere la sovranità dei Nativi Americani, ndt) e compagni hanno presentato al Congresso il loro programma “anti-Indiani”. Mentre la maggior parte degli Americani parla assai bene dei Nativi, i lobbisti dell’O.N.U. hanno individuato un modo per minare i diritti delle tribù e le politiche federali degli Indiani.I leader dell’One Nation United hanno incontrato i membri del Congresso, i quali hanno ricavato un mucchio di soldi dai diritti dei trattati e dalle aziende di proprietà delle tribù rese ostili dall’operato degli “anti-Indiani”. Nessuno degli uffici del Congresso ha rilasciato dichiarazioni in disaccordo con gli obiettivi dell’O.N.U. ovvero bloccare le rivendicazioni di terreno da parte delle Nazioni Indiane, i riconoscimenti, il gioco d’azzardo, la vendita al dettaglio, la protezione ambientale e l’immunità relativa alla sovranità delle tribù native.La conferenza dell’One Nation United ha visto avvocati e altri organizzatori locali schierarsi contro i diritti dei nativi in Alaska, California, Connecticut, Hawaii, New York, Oklahoma, Oregon, Washington e altrove.Alcuni tra i relatori provenivano dall’ambiente universitario – l’Università dell’Illinois, la Scuola di Legge di San Diego e il Manhattan Institute – altri rappresentavano associazioni di categoria di negozi di generi alimentari, commercianti di petrolio, pescatori di granchi e sceriffi degli Stati Occidentali, oltre alla Federazione Nazionale delle Assemblee Repubblicane.I membri dell’O.N.U. hanno collaborato con i gruppi regionali che hanno demonizzato per decenni le popolazioni native. Parecchi di loro operano in organizzazioni che sono state screditate e sciolte, solo per poi riapparire sotto nuovi appellativi combinando le stesse parole: “cittadini”, “comunità”, “uguali” e “diritti”.La loro strategia nazionale contempla processi e normative, in stretta coordinazione con la Pacific Legal Foundation e la Mountain States Legal Foundation, entrambe istituite negli anni ’70 per fiaccare le vittorie legali degli Indiani e indebolire le loro politiche ambientali.La PLF è particolarmente efficace nella ricerca di tesi per sciogliere i trattati sulla pesca, annullare i privilegi degli Indiani e i riconoscimenti dei Nativi delle Hawaii.La MSLF ha sfornato due ex ministri dell’Ambiente e delle Risorse Naturali – James Watt e Gale Norton – e numerosi avvocati impiegati ora nelle agenzie di amministrazione del territorio. Raramente la MSLF ha perso un’occasione per cercare di eliminare la libertà religiosa e le tutele dai luoghi sacri ai Nativi, ed è stata il muscolo legale nascosto dietro ai tentativi di fare della Torre del Diavolo un rifugio sicuro per gli scalatori, nonostante questi disturbassero le tradizionali cerimonie dei Nativi.La MSLF ha preso al volo le cause che potevano boicottare la sovranità e le giurisdizioni tribali. Ha supportato il tentativo fallito di Russell Means di sfuggire alle autorità della Nazione Navajo quando questi fu accusato di aver picchiato la moglie e il padre, un reduce invalido Navajo. Means ha dichiarato che il tribunale Navajo non ha potere giurisdizionale perché egli è un Oglala Sioux e non un Navajo.Mediante il deposito di una proposta di accordo, la MSLF ha chiesto alla Corte Suprema di dichiarare che “il Congresso non potrebbe esporre i cittadini americani a un procedimento giudiziario da parte di corti tribali che non operano seguendo gli stessi criteri della Costituzione degli Stati Uniti d’America, in materia di razza, credo politico e altre distinzioni”. La corte suprema ha respinto l’appello della MSLF e ha proceduto contro Means. I leader delle tribù, nella premura di farsi tanti amici donando loro i proventi del gioco d’azzardo, spesso hanno finanziato persone ed enti che partecipano a questo movimento nazionale anti-Indiani. I capitali delle tribù hanno inoltre incrementato i finanziamenti devoluti alle campagne politiche di chi supporta il programma anti-Indiani e quelle di molti altri che non lo ostacolano.Ancora meno comprensibili sono i club vacanze di proprietà delle tribù che assumono comici che dicono per scherzo le stesse cose che i membri dell’One Nation United dicono sul serio.Ora, non fraintendetemi. Io sono per la libertà di parola e per il loro diritto di dire tutte le cose razziste che essi vogliono. Penso solo che le risorse economiche dei Nativi non dovrebbero finanziare i loro discorsi anti-Indiani. Lo stesso dicasi per il cosiddetto “discorso politico”, l’equivalente in politichese per “campagne di dollari”.Questo è per tutti quelli che ingaggiano un comico nei casinò delle tribù: ce n’è uno da evitare come la peste – Larry the Cable Guy (il Ragazzo della Tv via cavo, ndt) dall’umorismo ignorante che prende di mira soprattutto i bianchi poveri del Sud. Nella sua apparizione del 4 dicembre al “Tonight Show” della NBC ha esordito con una “barzelletta” su un film su una donna indiana che aveva riscoperto la religione intitolato “Squaw Skank Redemption” (il termine ‘skank’ in gergo significa ‘cesso’ e qui è usato in un gioco di parole che richiama il titolo originale del film “Le Ali della Libertà”, “The Shawshank Redemption”, ndt ). Non ricordo un’affermazione peggiore relativa ad una donna Nativa sulla tv nazionale, umoristica o meno. Avrebbe dovuto essere censurata, ma ciò non è stato. E così un’altra calunnia contro le donne Native è penetrata nella coscienza collettiva.I comici della Disney/ABC sembrano essere i peggiori, o almeno quelli che più frequentemente mancano di tatto. Uno di loro, Drew Carey, è il principale portavoce del vergognoso emblema della squadra di baseball di Cleveland e umilia i Nativi che non condividono la sua devozione per Chief Wahoo (la mascotte-capo indiano che compare sullo stemma della squadra, ndt).Le battute di Carey ritraggono gli Indiani reali come persone un gradino più giù dell’ “indiano” descritto da fittizi stereotipi e come gente ottusa, credulona e meritatamente canzonata.La schiacciante maggioranza dei Nativi Americani vogliono che i riferimenti all’essere Indiani nello sport siano eliminati. Perfino coloro che permettono alle squadre di giocare con immagini e nomi relativi alla tribù di appartenenza sono contrari ai “Redskins”(squadra di football di Washington, ndt) e a “Chief Wahoo”.Quando io e altri sei Nativi vincemmo la nostra causa contro lo spregevole nome della squadra del club di football di Washington, Bill Maher della “politicamente scorretta” ABC ci condannò così frettolosamente che ci derise persino fuori campo.Maher, le cui opinioni possono essere maturate a partire dalla sua migrazione a “Real Time” della HBO, usò nei nostro confronti un tono condiscendente e un lessico che di solito egli riserva alle creature più spregevoli che scorge nei paraggi. Ci ha praticamente detto che noi non abbiamo diritti nella nostra posizione e in caso contrario di andare a esercitarli in tribunale.Ci sono tanti cabarettisti che lavorano bene nei club vacanze delle tribù. Steve Harvey è uno dei migliori. È esilarante e informato. Quando racconta una barzelletta sugli Indiani, nessuno, che sia un Nativo o meno, è imbarazzato.O anche Jay Leno, che è divertente e non ci punzecchia. “Avete sentito che la squadra di football di Washington ha cambiato nome?” ha chiesto al suo pubblico durante una delle peggiori stagioni della squadra. “hanno omesso la parola ‘professionisti’”.In ogni caso, la squadra di Washington non ha partecipato al Super Bowl da quando noi abbiamo inoltrato la causa nel 1992. Hanno cambiato proprietari, allenatori, quarterback, uniformi, caschi, stadi, siti per gli allenamenti e tribune per le celebrità e il colore della pelle nel logo ( da bordeaux a marrone scuro). Ciò che è rimasto uguale è il nome. Una persona ragionevole studierebbe un altro nome come un modo per far girare la fortuna. Ma, questo è solo il mio pensiero.Ritornando alle umilianti vicende dei casinò. La prima del film “Apocalypto” in un casinò tribale in Oklahoma vince il primo premio. Il messaggio del film – i Maya erano selvaggi, assetati di sangue e incapaci di sostenere il processo di civilizzazione – è esattamente ciò che l’One Nation United e tutta la combriccola anti-Indiani vuole inculcare nella psiche della popolazione. Quale sarà la prossima? Un tour nei casino di Mel Gibson che insulta le donne, gli ebrei e i Maya? L’O.N.U. sarà lieta di fornire i pop-corn.Di: Susan Shawn Harjo / Indian Country Today(Susan Shown Harjo, Cheyenne e Hodulgee Muscogee, è presidente del Morning Star Institute a Washington, D.C., e una giornalista per Indian Country Today).Traduzione a cura di Valeria.

giovedì 1 febbraio 2007

You are on Indian Land: L'occupazione di Alcatraz e il movimento "Red Power" dei "Nuovi Indiani"

Noi, popoli indigeni dell'America, reclamiamo la terra conosciuta come Alcatraz in nome di tutti gli Indiani d'America ...Crediamo che questa richiesta sia giusta e adeguata e che questa terra dovrebbe esserci riconosciuta finché i fiumi scorrono e il sole splende.Firmato, Indians of All Tribes. San Francisco, 20 novembre 1969

Nelle prime ore di una fredda e ventosa mattina autunnale una manciata di indiani scende sull'isola carceraria abbandonata di Alcatraz e in lettere cubitali scrive sui muri dell'ex carcere " Indians welcome on Indian Land" e "You are on Indian Land." Il giorno successivo reclamano i propri diritti sull'isola in base al Contratto di Fort Laramie del 1868, secondo il quale gli Indiani possono reclamare per sé terreni pubblici non utilizzati. In cambio offrono al governo USA lo stesso prezzo che 300 anni fa "l'uomo bianco pagò per l'acquisto di un'isola simile" (Manhattan), e cioè 24 dollari in perline di vetro.La dichiarata apertura di un "ufficio per gli affari caucasici" suonava come una stoccata all'Ufficio per gli Affari Indiani (BIA). Gli occupanti avevano proposto di utilizzare Alcatraz come centro culturale indiano. L'occupazione colpisce nel segno la nazione già provata dalle proteste per i diritti civili e degli studenti e contro la guerra e si accorge per la prima volta della disastrosa situazione degli Indiani d'America. Nel 1969 quasi il 40% dei circa 800.000 indiani è disoccupato, il 70% vive nelle bidonville e il salario annuo medio di una famiglia indiana è di circa 1.500 dollari, cioè un quarto della media nazionale. Le condizioni di vita degli Indiani d'America determinano anche la bassa aspettativa di vita di soli 46 anni, un terzo in meno rispetto alla media statunitense di 71 anni.Secondo il movimento degli Indians of All Tribes (Indiani di tutte le tribù), Alcatraz corrispondeva alla concezione dei Bianchi di una riserva perfetta: isolata dalla civilizzazione moderna, con un'infrastruttura sanitaria insufficiente, senza alcuna risorsa naturale, senza industria e quindi con un alto tasso di disoccupazione, senza alcuna struttura adatta alla prevenzione sanitaria, senza scuole e con un terreno talmente povero da non riuscire a nutrire neanche un po' di selvaggina.La descrizione rispecchia la secolare politica federale di ostilità alle popolazioni indigene che nel 1953, con il governo Eisenhower, si propose un nuovo compito, e cioè quello della "termination" (scioglimento) e della "relocation" (rilocazione). Mentre lo scioglimento delle riserve doveva essere raggiunto sospendendo ogni forma di servizio e rafforzando il rapporto fiduciario tra governo federale e BIA, la rilocazione mirava al trasferimento nelle città della giovane forza lavoro indiana, dove questa finiva inevitabilmente a condurre un'esistenza misera nei ghetti. Contrariamente alle aspettative di Washington, i giovani Indiani non furono assorbiti dal "melting pot" americano, ma costituirono un ampio gruppo di indiani urbani che parlava l'inglese, era estraneo alle proprie tribù d'origine e avrebbe finito per esser la forza di propulsione di un movimento che verso la fine degli anni '60 si sarebbe fatto conoscere come "Red Power Movement". L'aggressione dello stato alle strutture tribali provocò un rafforzamento della resistenza indiana (solo negli anni '50 ci furono più di 20 grandi manifestazioni) che non si arrese neanche dopo che i programmi di scioglimento e rilocazione furono dapprima sospesi dall'amministrazione Kennedy e poi del tutto annullate dal successivo governo Johnson.Nel 1957 Wallace "Mad Bear" Andersen dei Tuscaora condusse qualche centinaio di Indiani dalla riserva di St. Regis nello stato di New York fino al tribunale di New York per protestare, con successo, contro la riscossione di tasse nella riserva decisa dallo stato di New York in totale disattenzione per la sovranità di cui godeva la riserva. Solo un anno dopo Anderson e i "suoi" Tuscaora si opposero all'ente energetico di New York che per la realizzazione di una diga intendeva sgomberare parte della riserva. 150 uomini, donne e bambini si sdraiarono per strada bloccando così l'accesso alla riserva. L'attenzione dei mezzi d'informazione costrinse l'ente energetico ad abbandonare il suo progetto.Negli anni successivi moltiplicarono le proteste e nei primi anni '60 nacquero molteplici organizzazioni per i diritti civili degli indiani, tra cui la più importante fu il National Indian Youth Council (NIYC - Consiglio nazionale della gioventù indiana). Costituito nel 1961 in New Mexico e gestito da studenti, il suo scopo dichiarato era la resistenza alla politica governativa e la rivendicazione dell'autodeterminazione. Verso la metà degli anni '60 il NIYC adottò la terminologia e le tattiche del movimento per i diritti dei neri e iniziò a radicalizzarsi. Alcuni attivisti aggredirono i cosiddetti "Zii Tomahawk" (leader indiani che si accontentavano dello status quo), inscenarono dei "fish-in" e sulla costa nord-occidentale degli USA ci furono scontri diretti con le autorità statali. I Puyallups, Muckleshoots, Nisquallies e altre tribù organizzarono insieme al NIYC dei "fish-in" per reclamare i loro diritti alla pesca, da un lato garantiti dalla Corte Suprema ma dall'altro concessi dalle autorità di Washington e dell'Oregon a pescatori sportivi. Per le tribù ciò significava una lotta per la sopravvivenza. Nel 1965 a Frank's Landing la polizia distrusse barche, reti e attrezzatura da pesca degli indiani e aggredì donne e bambini, scatenando così scontri con gli attivisti. Lo scenario era lo stesso in corso negli stati del sud, dove i neri lottavano per i loro diritti civili. Il sostegno agli attivisti indiani da parte di Marlon Brando prima e di Jane Fonda dopo diede al movimento maggiore popolarità. Dopo decenni di processi sui diritti di pesca, nel 1979 la Corte Federale si pronunciò a favore delle tribù residenti.Nel 1968 si verificano scontri tra lo stato del Canada, degli Usa e i Mohawk, ai quali un accordo del 18. secolo assicurava il libero passaggio e commercio attraverso la frontiera. Il Canada non rispetta l'accordo e gli attivisti rispondono con il blocco del ponte di Cornwall che collega i due paesi. Come già accaduto negli USA, anche in Canada i Mohawk otterranno il rispetto dell'accordo, solo dopo gli scontri. Nel 1968 i nativi Americani calcano per la prima volta la scena nazionale. Poco dopo l'assassinio dell'attivista per i diritti civili Martin Luther King un gruppo di attivisti per i diritti alla pesca partecipano alla Poor People's March di Washington. Nonostante partecipino alla marcia di protesta solo circa 100 attivisti indiani, la loro protesta davanti alla Corte Costituzionale e il sit-in nell'ufficio del ministro degli interni fanno scalpore.Nel 1968 viene pubblicato il libro di Stan Steiner "The New Indians" (I nuovi indiani) che d'ora in avanti darà il nome al movimento indiano che continua a protestare contro la politica di annientamento della loro cultura e l'inosservanza degli accordi da parte dell'amministrazione bianca, per i loro diritti alla pesca e la caccia, per il riconoscimento dell'autodeterminazione e della sovranità tribale indiana. La richiesta principale del movimento che si va radicalizzando sempre più e che seguendo l'esempio del movimento nero "Black Power" si fa chiamare anche "Red Power", è molto semplice: "Red Power significa che vogliamo avere il controllo sulle nostre questioni", dichiara l'attivista Sioux Vine Deloria nel 1968. "Ormai noi Indiani siamo solo mezzo milione. Non è nostra intenzione minacciare qualcuno ... Chiediamo semplicemente quel tanto di potere politico ed economico che ci permetta di vivere a modo nostro". Ma c'è ancora bisogno di qualcosa che inneschi un processo più ampio. Questo evento sarà l'occupazione di Alcatraz.Nell'anno e mezzo di occupazione della nuova terra indiana Alcatraz, migliaia di attivisti indiani e simpatizzanti si recano sull'Isola dei Pellicani per esprimere la propria solidarietà con il movimento. Su Newsweek si legge che "Alcatraz ha significato il risveglio dell'orgoglio indiano ed è diventata simbolo della liberazione dell'uomo rosso". Alcatraz ha rafforzato la riscoperta dei valori tradizionali e la resistenza contro l'assimilazione, ha innescato un aumento dell'attivismo rosso e quindi ha dato inizio all'era del "Red Power", che durerà dal 1969 al 1978.Le proteste dei Nativi sfidano i governi USA in un modo mai visto prima nel 20. secolo. Le oltre 70 occupazioni e molteplici manifestazioni realizzate tra novembre 1969 e il 1978 non lasciano spazio a dubbi sulla serietà dei propositi degli Indiani, e i governi sanno interpretare i segni del tempo. Con il suo discorso "The Forgotten American" (Gli Americani dimenticati) il presidente Johnson annunciò già nel 1968 che agli Indiani spettavano tempi migliori, tempi in cui i loro diritti sarebbero stati onorati. Poco dopo riuscì a far approvare l'Indian Civil Rights Act, che garantiva agli Indiani il diritto all'autodeterminazione. In realtà però le riforme furono ritardate e nel migliore dei casi applicate solo a metà.Il successore di Johnson, Richard Nixon, fece un passo in più e nel suo discorso dell'8 luglio 1970 davanti al Congresso annunciò la completa rottura con il passato per quanto riguardava "la minoranza più svantaggiata degli USA", entrando così nella storia americana come il presidente che durante il suo incarico si è impegnato più di tutti gli altri presidenti messi assieme per i diritti dei nativi americani. Alle sue parole seguono i fatti: convoca dei riformisti al BIA e ottiene la restituzione del Blue Lake ai Taos Pueblo del Nuovo Messico e di altre terre alle nazioni indiane dell'Oregon, Washington e Alaska. Tutto ciò non riesce però a indebolire il movimento di protesta. Le riforme di Nixon vengono boicottate dal Congresso e il governo, ormai oppresso dallo scandalo Watergate, rinuncia a imporre le sue scelte. Di conseguenze non ci sono cambiamenti percettibili nelle riserve. Per i suoi progetti di riforma il governo tratta con i rappresentanti eletti delle tribù, ma non vede la necessità di dialogare anche con i movimenti militanti di protesta.La reazione non si fa aspettare e la protesta si allarga. L'American Indian Movement (AIM), la più radicale delle organizzazioni native, si guadagna l'attenzione dei mezzi di informazione. Con le sue azioni spettacolari riesce a catturare l'attenzione dell'America bianca per la situazione misera in cui versa la popolazione nativa. L'azione di protesta pan-indiana più spettacolare, alla quale l'AIM ha partecipato in modo decisivo, è forse il "Trail of Broken Treaties" (Viaggio degli accordi disattesi): una colonna di auto formata da diverse organizzazioni indiane che attraversa l'intero continente per finire in novembre 1972 con l'occupazione non programmata dell'ufficio del BIA a Washington. Lo scopo della marcia era di ottenere misure decisive a favore degli Indiani. Quando i 500 attivisti lasciano dopo una settimana di occupazione l'ufficio del BIA, questo è completamente distrutto. Il BIA è fin dalla sua fondazione nel 1824 simbolo della sottomissione dei popoli nativi.A fine febbraio 1973 si arriva all'occupazione di Wounded Knee, tristemente famoso per essere stato il luogo in cui nel 1890 si è compiuto l'ultimo massacro di Indiani. Durante i 71 giorni di occupazione gli attivisti dell'AIM si scontrarono con armi da fuoco con il FBI e il corpo degli US-Marshal. Nonostante gli attivisti non riuscirono a far valere le richieste di riforme, l'azione ispirò altre occupazioni. Seguirono infatti l'occupazione durata sei mesi di un ex-campeggio per ragazze vicino a Moss Lake nello stato di New York (1974), l'occupazione armata durata cinque settimane di un istituto per novizi situato vicino alla riserva Menominee nel Wisconsin (1975), gli otto giorni di occupazione di un impianto industriale nella riserva dei Navajo nel Nuovo Messico (1975) e la settimana di occupazione del carcere minorile da parte dei Puyilup nello stato di Washington (1976). L'ultimo grande evento della protesta indiana si ha nel luglio 1978, quando centinaia di Indiani di diverse nazioni arrivano a Washington dopo aver attraversato per cinque mesi tutta la nazione da est a ovest. Con la "Marcia più lunga" (Longest Walk) manifestano con successo contro tutta una serie di proposte di legge ultraconservatrici presentate nel 1978 al Congresso. Tra i vari disegni di legge figurano anche la proposta di sciogliere tutte le riserve indiane, di annullare tutti gli accordi siglati, di rafforzare l'autorità statale e federale nelle riserve e di limitare i diritti indiani alla pesca e alla caccia.La marcia del "Longest Walk" è l'ultima manifestazione di massa indiana del "Red Power" e rappresenta il culmine di un movimento che è andato rafforzandosi in 50 anni di attività. Dopo il 1978 le occupazioni non sono più di moda. Gli attivisti iniziano a perseguire strade alternative, come il riconoscimento dei loro diritti umani, civili e contrattuali davanti alle Nazioni Unite e tentano di far valere i loro diritti attraverso il lavoro di lobby e nei tribunali. Senza dubbio però il movimento "Red Power" degli anni '60 e '70 ha esercitato e continua ad esercitare una fortissima influenza sull'immagine di sé dei Nativi Americani. Le leggi riformiste di quest'epoca che ha segnato la storia, come l'Indian Self-Determination and EducationAct (1975) e l'Indian Freedom of Religion Act (1978) sono solo una parte dei successi ottenuti. Per i Nativi Americani le proteste di Alcatraz e di Wounded Knee non hanno solo valore simbolico, ma rappresentano la rinascita culturale e religiosa che ha accompagnato l'epoca dell'attivismo indiano. La fondazione di scuole, università e corsi universitari indiani, l'istituzione di molteplici centri culturali e musei, l'ondata di letteratura indiana, la pubblicazione di riviste indiane (in parte nella rispettiva lingua nativa) e la ripresa delle cerimonie della Danza del sole sono tutte espressioni di una rinata auto-coscienza. Contemporaneamente questo sviluppo ha determinato una rivalutazione degli Indiani nella società americana, anche se le riserve e i ghetti urbani continuano ad essere le zone più povere di tutto il paese e le statistiche dimostrano che negli ultimi 30 anni non vi è stato nessun cambiamento nella condizione di vita degli indiani.

Cronologia della resistenza
1953: avvio della politica di scioglimento e rilocazione dell'amministrazione Eisenhower.
Anni '60: costituzione di diverse organizzazioni indiane, tra cui il National Indian Youth Council (NIYC) nel 1961 e dell'American Indian Movement (AIM) nel 1968.
ottobre 1965: le tribù Puyallup, Muckleshoot, e Nisqually organizzano assieme al NIYC dei "fish-in" di protesta contro la chiusura delle loro riserve di pesca. A Frank's Landing sul fiume Nisqually si verificano scontri con la polizia.
1968: partecipazione di attivisti indiani alla Poor People's March in Washington si trasforma in una notizia di portata nazionale.
Dicembre 1968: Mohawk bloccano il blocco di Cornwall alla frontiera tra USA e Canada.
1969-1971: Indiani di diverse tribù occupano Alcatraz. Vengono organizzate le prime azioni pan-indiane e inizia l'era del movimento "Red Power" (1969-1978) durante la quale verranno realizzate oltre 70 occupazioni e manifestazioni.
8 luglio 1970: Richard Nixon proclama la fine della politica Eisenhower. Restituzione del Blue Lake e di altre zone alle tribù del Nuovo Messico, Oregon, Washington e Alaska.
Novembre 1972: "Trail of Broken Treaties", la prima grande protesta trans-nazionale. Per una settimana viene occupato il Bureau of Indian Affairs di Washington.
Febbraio 1973: 71 giorni di occupazione di Wounded Knee, gestita dall'AIM.
1975: con l'Indian Self-Determination and Education Act (Atto di autodeterminazione ed educazione indiana) le nazioni indiani ottengono maggiori libertà nell'amministrazione delle riserve e sussidi nel settore dell'educazione.
1978: Indian Freedom of Religion Act (Atto di libertà religiosa per gli Indiani) conferma la libertà di religione
1978: La "Marcia più lunga", "Longest Walk", è l'ultima grande azione di protesta pan-indiana contro le proposte di legge anti-indiane.